Recensione di DECLARATION, il film in anteprima in Concorso Internazionale a Locarno 75.

Declaration poster film

La locandina del film Declaration al Festival di Locarno.

SCHEDA DEL FILM

TITOLO ORIGINALE: Ariyippu
REGIA: Mahesh Narayanan
CAST: Kunchacko Boban, Divya Prabha, Danish Husain
DURATA: 107 min.


RECENSIONE

Hareeh e Reshmi sono una coppia di fidanzati che lavora in una fabbrica di guanti monouso a Delhi.
Durante il lockdown per il Covid-19, un vecchio video dal contenuto hard emerge dagli archivi aziendali, mettendo a soqquadro gli equilibri all’interno dell’impresa e, soprattutto, della coppia.

Ariyippu - Photo: courtesy of Locarno Film Festival 2022

Una scena del film Ariyippu (Declaration) – Photo: courtesy of Locarno Film Festival 2022.

Il Concorso Internazionale di Locarno 75 dà il calcio d’inizio con Declaration, produzione indiana diretta dal classe ’82 Mahesh Narayanan (acclamato in patria e non solo per il dramma Take Off del 2017) che fa luce sulle sinistre implicazioni del sistema industriale e della privacy nella Delhi dell’era Covid.

Declaration viaggia sui binari di un dramma familiare e sociale, quello che fa schiantare l’innamorata e giovane coppia di lavoratori protagonista, stretta nella morsa da un lato di soprusi dirigenziali e dall’altro della violazione della loro privacy.
Quando la potente azienda attuerà un vile ricatto, il duo protagonista si renderà conto di come sia difficile tracciare la linea che divide onore e desiderio.

Un po’ come il recente exploit rumeno Sesso Sfortunato o Follie Porno, Declaration utilizza l’espediente del sex tape reso pubblico per immortalare una cultura e società sempre impreparate alla difesa dell’individuo e della sfera privata, aggiungendo anche uno sguardo cupo e disilluso alla realtà della vita in fabbrica in India.
Declaration-Ariyippu-ph courtesy of Locarno Film Festival 2022

Una scena del film Ariyippu (Declaration) – Photo: courtesy of Locarno Film Festival 2022.

Narayanan opta per il passo lento e felpato, tipicamente festivaliero, e toni torvi mai lontanamente sarcastici per denunciare macro e microsistemi e rivendicare il diritto di reputazione e dignità personali, anche se il prezzo da pagare dovesse essere il frantumarsi dei sogni individuali o matrimoniali.

Faticoso, monocorde e spesso meno efficace ed intenso di quanto desidererebbe (le scene migliori e che rimangono impresse sono quelle che ritraggono le ipnotiche catene di montaggio della fabbrica), Declaration è un dramma impegnato che si scopre ai festival e che lì probabilmente rimane, progetto encomiabile molto più concettualmente che nella sua concretizzazione sullo schermo. Non Ken Loach.

Luca Zanovello

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