Recensione di Midsommar – Il Villaggio dei dannati, il nuovo horror firmato da Ari Aster al cinema dal 25 luglio 2019. 

Midsommar - Il villaggio dei dannati POSTER ITA

La locandina italiana del film horror Midsommar – Il villaggio dei dannati.

Me lo vedo il giovane Ari Aster durante i suoi anni all’American Film Institute: primo della fila, primo della classe, idee chiare per il futuro. Sicuro di sé e della sua idea cinematografica, un background horror per raccontare drammi personali e familiari, che si concretizza stupendamente nel 2018 in Hereditary.

Appena un anno dopo, Aster torna con Midsommar, nuovo esperimento narrativo e tecnico che per molti versi rappresenta il rovescio della medaglia del suo film precedenti: dal buio tenebra al paesaggio perennemente assolato di uno sperduto villaggio svedese (ma in realtà le riprese sono state effettuate in Ungheria), dove un gruppo di giovani va ad assistere al midsommar, festa rituale pagana appartenente al folklore locale.

Tra loro c’è la vulnerabile e un po’ rompicoglioni Dani (Florence Pugh), fresca di lutto plurimo e in crisi col fidanzato Christian (Jack Reynor), candidata perfetta per essere travolta e segnata dall’immancabile “lato oscuro” del rito.

Una scena del film horror Midsommar - Photo: courtesy of Eagle Pictures

Una scena del film horror Midsommar – Photo: courtesy of Eagle Pictures

Se in Hereditary era co-protagonista, in Midsommar l’horror fa un ulteriore passo indietro e diventa non protagonista, sparring partner di un racconto di dramma individuale, di dolore e di fragile gestione delle relazioni umane. Non a caso l’ispirazione del film è per stessa ammissione di Aster autobiografica, nello specifico la fine travagliata di una relazione.

Il fatto comune vira al paranormale con una favola lunga e a tratti allucinogena, in cui il regista si prende tutto il tempo che vuole per far montare il senso di pericolo e di intrigo, sfruttando il suo innegabile talento ed iper tecnicismo (leggi anche “regia fighetta”).

Il risultato di Midsommar però è più bizzarro che riuscito, diventando un mix dell’epocale, punto di riferimento per sette The Wicker Man (1973, Robin Hardy) e The Village (2004, M. Night Shyamalan), con un po’ del disorientante fantasy di Le Fantasie di una Tredicenne (1970, Jaromil Jires).
Una scena del film horror Midsommar - Photo: courtesy of Eagle Pictures

Una scena del film horror Midsommar – Photo: courtesy of Eagle Pictures

Nonostante l’ambizioso schema narrativo e la pregevole regia, Aster sembra bluffare sulla sostanza e sfruttare quell’antico – e truffaldino – adagio che dice che “l’attesa del piacere è essa stessa piacere”. Midsommar è come l’uovo di Pasqua che ti regala la nonna: maestoso e ben confezionato, che una volta spezzettato nasconde la sorpresina paccottiglia.

Certo, oltre le acrobazie di macchina e la sapiente costruzione dell’hype c’è qualche momento memorabile, come la disperata sequenza iniziale o alcuni gustosi momenti di paradossale ironia, ma poco rispetto alle attese.

Un film più acrobatico che appagante, più sfarzoso che significativo.

Luca Zanovello


TRAILER UFFICIALE ITALIANO