La recensione di Hereditary – Le radici del Male, il film horror diretto da Ari Aster con Toni Colette e Gabriel Byrne al cinema dal 25 luglio 2018 (∗).

la locandina italiana di Hereditary

la locandina italiana di Hereditary

Se avessi un euro per ogni volta che leggo “horror dell’anno!” nelle quote in copertina, potrei benissimo passare l’estate in Costa Smeralda.
Invece sono tuttora a Milano nord, confortato solo dal condizionatore, dai Polaretti e dall’uscita di Hereditary. Che appunto, arriva in sala con un hype da far girare la testa con la suddetta, abusata nomea.

Hereditary, passato tra gli allori all’ultimo Sundance, si apre con la morte di nonna Ellen Graham, una morte apparentemente comune in una famiglia altrettanto comune. I postumi della perdita si abbattono sui restanti Graham e ognuno fa fronte come può: mamma Annie (Toni Collette) crolla, i figli Peter e Charlie acutizzano sintomi borderline, papà Steve (Gabriel Byrne) prova a tenere insieme i pezzi.
Ma una tragedia tira l’altra e la disperazione rivela una costellazione familiare di nevrosi ed incubi negli armadi, mentre il paranormale si affaccia ed insinua nella labirintica dimora. Diventando tanto risolutivo quanto dilaniante, in una folle e imprevedibile escalation di presagi diabolici.

Toni Colette in una scena del film Hereditary - Photo: courtesy of Lucky Red

Toni Colette in una scena del film Hereditary – Photo: courtesy of Lucky Red

Se due come Collette e Byrne sposano artisticamente e produttivamente la tua opera prima, i casi sono due: o sei raccomandato o hai sfornato una sceneggiatura da pazzi.
Certo Ari Aster (regista e sceneggiatore fresco di American Film Institute) potrebbe avere uno zio importante da qualche parte, ma il suo talento è evidente.
Un talento “furbo”, allineato perfettamente con il trend del new horror ipertecnico, elegante quanto basta e criptico di necessità ma nel contempo figlioccio della tradizione, di Polanski e di Friedkin.

Quello che inizia come un film a caso di James Wan si trasforma gradualmente in un incubo più tentacolare di quanto si possa immaginare, togliendo punti di riferimento e mappe anche ai più sapientoni. Hereditary è un horror intergenerazionale, una storia contorta che ti confonde appositamente, anche per coprire qualche vuoto d’aria, e che acchiappa in progressione.

Gabriel Byrne in una scena del film Hereditary - Photo: courtesy of Lucky Red

Gabriel Byrne in una scena del film Hereditary – Photo: courtesy of Lucky Red

Nonostante un po’ di pretesto (vedi il disturbante tormentone con la lingua della piccola e un po’ deforme Charlie), il viaggio è allucinante, convincente e inquietante su più livelli; anche su quello del dolore umano, di come entrarne e uscirne, con o senza mostri intorno.
L’immagine di questo è la nobile prova della Collette, presenza perno del film, mentre Byrne, rappresentando la ragione, diventa personaggio ironico, quasi comico e grottesco, sicuro cult. Ma anche i “baby” Wolff e Shapiro sono impressionanti. Voglio dire, in quanti horror si sente il bisogno di menzionare tutto il cast?

Non solo: suoni, luci e simbologie disseminate nel percorso rivelano i dettagli di un affascinante mosaico demoniaco, che si rivela nella sua interezza solo nel finale, caotico ed appagante.
E’ la chiosa sopra le righe e perfetta di un ottimo film, che (ad oggi) potrebbe davvero essere l’horror dell’anno. Quotisti selvaggi, stavolta vi è andata bene.

Voto: 7,5/10

Luca Zanovello

Continua dopo il trailer…

(∗) integrazione del 2.12.2018 in occasione dell’uscita di Hereditary in home video:

Sono pochi ormai gli horror che mi incuriosiscono al punto da spingermi a scandagliare contenuti bonus. L’ultimo fu forse Quella Casa Nel Bosco (2012, Drew Goddard) che curiosamente condivide con Hereditary un po’ di artwork di copertina, con enigmatiche case-rebus accartocciate su loro stesse.

Nel caso del film di Ari Aster, le edizioni dvd e blu-ray di Midnight Factory (uscite l’8 novembre) mi soccorrono con un paio di extra, nella fattispecie un making of (battezzato “Cursed”) e qualche scena eliminata.
Il primo contenuto è un corposo special di venti minuti che documenta attraverso le parole di Aster, dell’azzeccatissimo cast della troupe il lavoro lungo e minuzioso di Hereditary, un progetto nato due anni prima delle riprese e descritto dal giovane autore come “un film che potesse rimanere nelle persone ed insinuarsi nella dimensione intima di chi lo guarda”. Il film di maggiore ispirazione? Un non-horror che non indovinereste mai…
Meno pregnante il footage eliminato, della durata di oltre quindici minuti, che aggiunge qualche sfumatura ma nessuna interpretazione alternativa.

Consiglio per gli acquisti. 

Luca Zanovello