NANCY: cieche speranze

Recensione in anteprima del film Nancy, il lungometraggio di Christina Choe con Andrea Riseborough che ha conquistato il Sundance e Sitges. In Italia arriverà al cinema con 30Holding e in home video con Dna Distribution.

Una giovane donna schiva, ossessionata, convinta di essere stata precocemente rapita da quella che sostiene di essere sua madre: quando Nancy trova online tracce e storia di una ragazza rapita trent’anni prima e a lei somigliante, le sue congetture diventano convinzioni.
Seguono contatto e visita ai disperati genitori della scomparsa. Conseguono angosce e speranze, senza mai l’ombra di un sorriso.

La locandina internazionale del film Nancy

Ve la ricordate Andrea Riseborough, la Mandy dalla deformità borderline dell’omonimo film di Panos Cosmatos? L’attrice presta il suo volto ambiguo e affascinante a un’altra donna inquieta e ad un altro film oscuro che porta il nome della sua protagonista.
Nancy, primo lungo della statunitense Christina Choe, esce premiato da Sundance e Sitges e si appresta a portare sui nostri schermi il suo racconto sofferente.

Nancy è un ottimo piccolo film. Di quelli circoscritti a ottantacinque minuti, un trio di attori (più un gatto che diventa simbolo) e quattro pareti, ma capace forse anche grazie a questo di condensare al massimo la sua atmosfera di dramma e oppressione.

Nell’isolata casa di campagna dei logori coniugi (lei è Ann Dowd vista in Hereditary, lui Steve Buscemi) piomba quella che potrebbe essere la figlia perduta, quest’ultima ritrova forse una famiglia, ma come si può riabbracciare un affetto che è solo presunto tale?
In attesa di certezze genetiche e cromosomiche, il drama malsano della Choe posiziona sulla scacchiera tensioni e significati familiari, poi inscena una tormentosa partita emotiva, in bilico tra il desiderio di ritrovarsi e il timore che sia tutto solo un bluff illusorio e destabilizzante.

Sorprendente la scrittura, riconsacrata la Riseborough come reginetta del disagio contemporaneo. Nancy, senza mai tempi morti, è un gioiellino che impregna lo schermo di vera e ansiogena umanità, nel realismo malandato di esistenze incompiute.
Le musiche di Peter Raeburn (Under The Skin) trascinano ancora più giù.
Astenersi ottimisti.

Voto: 7,5/10

Luca Zanovello

 

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