La recensione di Troppa Grazia, il nuovo film di Gianni Zanasi con Alba Rohrwacher, dal 22 novembre al cinema.
A qualche anno di distanza da La Felicità è un sistema complesso, Zanasi torna alla ribalta con una nuova sferzante commedia (non) all’italiana. Una commedia fresca, bizzarra, irriverente, nata da una semplice «risata» e approdata niente meno che fra i vincitori della Quinzaine di Cannes. Troppa grazia è, sì, l’avvenuta conferma di un talento registico, quello di Gianni Zanasi, ma è anche un comprovato campanello d’allarme sui mari della cinematografia italiana attuale.
Dopo il grande interrogativo di Loro 2, dopo la tiepida accoglienza della triade italiana (Guadagnino, Minervini e Martone) a Venezia 75, e dopo la delusione di Notti Magiche, anche per Zanasi sembra giunto il momento di annaspare nel mare magnum delle proprie ambiziose potenzialità. Per quanto capace di scansare con grazia, appunto, le trappole e i luoghi comuni della narrativa fictionale, Zanasi pare infatti quasi perdersi nella trama dei sentieri che lui stesso ha tracciato.
La sceneggiatura, scritta a otto mani con Giacomo Ciarrapico, Michele Pellegrini, Federica Pontremoli, vorrebbe come strada maestra uno spunto piuttosto semplice, da realismo magico: quello di una modesta giovane geometra, Lucia (la bellissima Alba Rohrwacher), a cui compare un giorno quasi per scherzo la Madonna. Interpretata da una fedelissima del regista, Hadas Yaron, la Madonna di Lucia è quanto di più atipico si possa immaginare: è una Madonna con le sembianze di una profuga e le maniere forti di una sovversiva. Fra le due un mix esplosivo (in tutti i sensi) che coinvolgerà più o meno bruscamente gli affetti vicini e lontani della protagonista.
Fra questi emergono in primo piano la figlia Rosa (l’esordiene Rosa Vannucci) e l’ex fidanzato Arturo (un tenero e grossolano Elio Germano). Entrambi personaggi atti a restituire un po’ di concretezza a quella che altrimenti risulterebbe una geometra persa nottetempo tra mille carte e progetti. Animata da una sana dose di pignoleria e buonismo, Lucia dovrà però presto fare i conti con un progetto infido. Un rilevamento catastale su un terreno non del tutto a norma.
A commissionarglielo è un amico di vecchia data, Paolo (Giuseppe Battiston), il tipico imprenditore disposto a tutto pur di veder relizzato un proprio progetto. Tra infiniti errori e approssimazioni, un suo calcolo però si rivela particolarmente errato: quello di aver affidato il rilevamento non una «dis-graziata», ma una che di grazia ne ha fin troppa, Lucia. Così, stretta fra l’onere delle scadenze e dei grandi imperativi morali, Lucia finirà per essere non una pedina, bensì la maggior sabotatrice di un gioco più grande di lei. E la Madonna in tutto ciò sarà la sua più grande complice, nemica e ammonitrice.
Tra dialoghi sarcastici e siparietti improbabili (un paluso a quello della Madonna che aiuta a parcheggiare) prende corpo una commedia davvero spiazzante. Unica, in un certo senso. Peccato che il gioco funzioni e diverta solo fino a un certo punto. Al di là del gustosissimo odi et amo fra le protagoniste rimane infatti ben poco da assaporare. In bilico fra psicosi e misticismo, Troppa grazia lascia scoperti troppi dei suoi nervi secondari. Come un duello di scherma nel bosco o l’eclettico personaggio del padre. Il risultato è un finale approssimativo, che sembra tradire una certa fretta di scioglimento. Peccato, quella che poteva essere una commedia celestiale risulta in realtà una favola solo parzialmente riuscita… Ma che il regista l’avesse presagito già in fase di scrittura?
Ho cominciato a scrivere il film. Ma, devo essere sincero, non in modo del tutto consapevole. In una prima stesura quello che mi prendeva e mi faceva andare avanti giorno per giorno è che ridevo tantissimo. Avvertivo anche che, proprio per la sua eccentricità, questa storia poteva ancora diventare tante cose diverse: da una sit-com irriverente a una riflessione sul sentire religioso di oggi… Erano veramente troppe possibilità.
Insomma, lungi dall’essere una riflessione a sfondo religioso, lo spirito di Troppa Grazia potrebbe forse riassumersi in una domanda. Basta un progetto innovativo (e divertente) su un terreno cinematograficamente accidentato per fare di un film un bel film? E, soprattutto, il miglior film europeo alla Quinzaine? …Dal 22 novembre nelle sale la risposta!
Alessandra del Forno
Amante del cinema documentario e di tutto ciò che riesca a sublimare in immagini la poeticità del quotidiano, Alessandra è una giovane laureata che vede in Wenders, Tarkovskij (e Aldo, Giovanni e Giacomo) la strada verso la felicità. La potete trovare ogni due lunedì del mese tra i cinefili del LatoB e tutte le altre sere tra gli studenti di documentario della Luchino Visconti a Milano.