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Non è affatto semplice dire e non dire. Far balenare frammenti di verità pur camminando sul sottilissimo filo che separa la realtà dalla finzione, il romanzo dalla cronaca politica e sociale.

In questo delicato equilibrismo Sciascia era proprio un maestro, e “A ciascuno il suo” – giallo peculiare se di giallo peculiare se esiste uno – ne è una perfetta dimostrazione. Gli elementi che l’autore mette in scena, come su un palcoscenico teatrale, sono i seguenti: una lettera anonima ricevuta da un farmacista, un doppio omicidio in cui non si capisce esattamente chi fosse la vittima predistinata, un uomo qualunque con la pretesa di indagare e – assolutamente dominante – un lezzo di mafia e malpotere, l’impressione che il silenzio di molti sia la forza di pochi.

E’ una denuncia coraggiosa quella di Sciascia, che ambienta questa sua storia in Sicilia e non fa nulla per nasconderne il motivo: son ben comprensibili sia nella caratterizzazione dei personaggi (il protagonista, il professor Paolo Laurana, gentile. quasi timido ma deciso, ingenuamente deciso) che nell’aria che si respira nel romanzo, nell’analisi impietosa ma sussurrata di poteri politici ed economici, nella degradazione dei partiti ridotti a macchine di voti e malaffare.

Non mancano però alcune riflessioni sull’uomo e sulle sue piccolezze: l’ipocrisia, la paura,  l’avidità sono denunciati con una forza imponente ma leggera, perchè non vi è miglior modo per urlare che sussurrare, appunto, nel dire e non dire.

L’8 gennaio del lontano 1921 nasceva a Recalmuto Leonardo Sciascia; questa recensione è un tardivo ma sentito omaggio al suo genio letterario, anche con una sensibilità personale piuttosto distante dalla sua.

Un libro, dunque, è come riscritto in ogni epoca in cui lo si legge e ogni volta che lo si legge. E sarebbe allora il rileggere un leggere: ma un leggere inconsapevolmente carico di tutto ciò che tra una lettura e l’altra è passato su quel libro e attraverso quel libro, nella storia umana e dentro di noi. (da Cruciverba)