Ci sono persone che hanno una memoria di ferro, riescono a protrarre la lettura di un romanzo anche per un intero mese, assaporando ogni riga e pregustando ogni colpo di scena, proprio grazie a questa lenta processione verso l‘epilogo. Io non sono così. Sarà l’abitudine a vedere storie svolgersi in due ore ma, quando affronto un tomo, necessito di silenzio e tempo. Insomma, mi chiudo in casa perché non mi fermo più.

Si lo so, per molti questo approccio sarebbe un’inutile e faticosa maratona, ma ognuno di noi deve fare i conti con la propria memoria a breve termine e la mia è un vero colabrodo, quindi questo è l’unico espediente che ho trovato per sognare ad occhi aperti. E il “Diario” mi ha tenuto le palpebre alzate per 36 ore consecutive!

Perché il “Diario di un sopravvissuto agli zombie” è un vero voltapagina, storia di un uomo che cerca di non soccombere al dilagare di una strana malattia, altamente infettiva, che uccide gli esseri umani ma permette ai loro corpi di continuare a deambulare, di fiutare i non morti e di pasteggiare con le loro membra. Nonostante quello che si possa pensare, non è un libro truculento, al contrario, è molto avventuroso e le (poche) descrizioni delle “creature” ricalcano quanto già risiede nell’immaginario collettivo.

Si affronta, infatti, un percorso ad ostacoli, che sviluppa l’ingegno, mentre non si è più abituati a dover fronteggiare situazioni che potremmo definire primordiali. Insomma, questa situazione ci rimette in contatto con le nostre origini, con i nostri istinti, con i nostri bisogni e la scaletta dei valori magicamente varia. E non mi riferisco solo a quella dei protagonisti del romanzo, bensì anche a quella del lettore che per una volta dimentica il cellulare, non controlla freneticamente la posta elettronica e rimane disconnesso per diverse ore dai social network – ah, i benefici della lettura sono davvero infiniti!

La cosa che soddisfa maggiormente gli appassionati è, infatti, che qui più che mai, vi è la possibilità di crearsi il proprio film: la prosa di J. L. Bourne (nome che ricorda ironicamente un altro eroe della fiction, Jason Bourne, col quale l’eroe della nostra storia ha più di una caratteristica in comune) è essenziale, costante nel ritmo, evita qualsiasi scossone, non annoia con digressioni socio-politiche e le descrizioni di luoghi e situazioni forniscono solo le informazioni sufficienti a stimolare la fantasia del lettore che, dopo una manciata di pagine, sopravvive, soffre, dorme con il protagonista e, al sopraggiungere delle difficoltà, si mette a meditare, vorrebbe suggerire la propria strategia e… riesce a vivere la sua personalissima favola, prima di finire come la sottoscritta nella morsa dell’astinenza da sequel ☺

Chiudo questo commento con una domanda a voi che siete la fuori: qualcuno mi spiega perché il nostro impavido sopravvissuto non utilizzi un silenziatore???

Se siete  un pochino curiosi, qui il book trailer in inglese, io intanto attacco col secondo volume :)