I libri de Il trono di spade 2

Ci sono due ottimi motivi per recensire contemporaneamente “Il regno dei lupi” e “La regina dei draghi”, le cui copertine sono proprio qui sopra: in primo luogo – ed è noto a chi si sia appassionato alla saga nata dalla fantasia di George Martin – questi sono i due volumi da cui è tratta la seconda serie de “Il Trono di Spade” in onda da qualche settimana sui nostri teleschermi.

La motivazione più rilevante è però un’altra: con una politica editoriale un po’ discutibile, Mondadori ha dato alle stampe in due tomi quello che l’autore aveva concepito come un unico romanzo. Nella edizione originale, infatti, il seguito del fortunato “A Game of Thrones” è l’altrettanto venduto “A Clash of Kings”, suddiviso in Italia nei due libri oggetto di questa recensione. Capirete quindi come sia complicato parlare soltanto del primo, se non raggiungendo le vette (involontariamente) comiche che toccano alcuni commenti dei lettori sui social network letterari: definire quasi inconcludente “Il regno dei lupi” è assolutamente corretto, se si considera che si tratta della metà di un romanzo e che lo stacco temporale fra il momento in cui ne completi la lettura e quello in cui inizi “La regina dei draghi” è un artificio commerciale… E sia chiaro che sottolineeremo ulteriormente questa peculiarità anche in occasione delle chiacchierate virtuali sui prossimi capitoli della saga, per i quali l’editore è riuscito a fare di peggio.

Limiterò il più possibile indicazioni sulla trama, un po’ perché non amo particolarmente le recensioni spoileranti ed un po’ perché non vorrei nemmeno guastarvi il piacere di godere degli episodi della serie tv. Piaccia o meno, in questi nuovi capitoli delle Cronache del ghiaccio e del fuoco si accentua la componente fantasy e fanno – forse per la prima volta – la loro apparizione elementi più fortemente legati al soprannaturale. E’ costante, invece, la capacità di Martin di dare vita a personaggi che mantengono caratteristiche prepotentemente umane: ogni protagonista si muove e si allaccia con gli altri in maniera convincente, senza assumere mai caratteri esclusivi (il buonissimo, il cattivissimo, e via dicendo) ma adattando reazioni ed atteggiamenti al momento storico in cui è calato nello sviluppo narrativo. Certo, si tenderà a parteggiare per qualcuno – ed ognuno sceglierà il suo preferito – ma questo continuo mutamento di personalità è affascinante e, con tutte le limitazioni legate al contesto di cui stiamo dibattendo, più vicino alla realtà: conoscete forse qualcuno che assuma tutte le declinazioni della bontà o della cattiveria senza mai mutare minimamente atteggiamento?

La successione di romanzi delle “Cronache del ghiaccio e del fuoco” è caratterizzato, come noto, da una successione di casate e relativi personaggi che supera ampiamente le duecento unità. Consentitemi di indirizzare un consiglio a chi si sia perso in questa moltitudine: ogni volume riporta, nelle pagine finali, un indice delle famiglie nobiliari e dei suoi componenti. Consultate sempre le ultime facciate del volume precedente, perchè quelle del libro che state leggendo hanno la sgradevole abitudine di anticipare parti della trama che probabilmente non avrete ancora affrontato.

E dopo questa bella serie di critiche al corpus editoriale, l’onestà intellettuale mi costringe a rivolgere anche un complimento alla casa editrice di Segrate: aver affidato la trasposizione italiana dell’intera opera di George Martin a quello straordinario scrittore-sceneggiatore-traduttore di Sergio Altieri è stato davvero un buon colpo.