copertina romanzo jonathan coe i terribili segreti di Maxwell sim

Cosa succede quando hai scritto dei (gran) bei libri come “La casa del sonno” o “La banda dei brocchi”?

Succede che tutto quello che pubblichi viene vivisezionato dai critici, capita che i tuoi lettori più fedeli comincino a interrogarsi sulle tue reali capacità di scrittore, e soprattutto sorge, come sole dall’orizzonte marino, il partito dei “non è più quello di prima”.

Eccomi dunque davanti a questa schiera innalzante cartelli (“I Brocchi erano un’altra cosa!”, “Ridacci la famiglia Winshaw”) per offrire il petto ai manichei del bello o brutto, ed affermare coraggiosamente che a me “I terribili segreti di Maxwell Sim” non è dispiaciuto affatto!

A cominciare dal protagonista, vero antieroe che si considera inferiore alla radice quadrata di meno uno, in particolare da quando è stato abbandonato da moglie e figlia. Ma che, tra una capatina in Australia alla ri-scoperta del padre ed un tour della Gran Bretagna nel tentativo di vendere un rivoluzionario spazzolino da denti, dimostra la vera essenza del viaggio, così come viene eternata dai cosiddetti “road book”: la riscoperta di se stessi, anche quando questa debba avvenire in un soliloquio con la vocina del navigatore o quando conduca ad un passo dall’autodistruzione.

“I terribili segreti di Maxwell Sim” svela a poco a poco, e con la complice semplicità – a volte scambiata per leggerezza – dei romanzi di Coe natura e importanza dei rapporti umani, in un gioco letterario che non brillerà forse per totale originalità ma che ha senza alcun dubbio il pregio di catturare. Ti costringe ad una dolcissima prigionia, che non è costruita su una trama da “voltapagina” pronta a trascinare verso il finale ma che si basa essenzialmente sulle emozioni di un protagonista e di una galleria di personaggi che colpiscono qualche corda proprio qui, sotto il taschino della camicia.

Quindi (non bisognerebbe mai iniziare una frase con quindi) Coe mi ha convinto ancora. Di più: mi ha convinto in particolare con questo romanzo, che forse un giorno sarà considerato un minore. E come spesso capita, fra i “minori” si nascondono piccole perle magari meno splendenti delle sorelle bianche e purissime, ma decisamente più vere.

La citazione:
“Pranzare da soli è un’attività problematica.”

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