In questo stesso spazio avevo recensito, un po’ di tempo fa, il primo e fortunato romanzo di Federico Baccomo Duchesne, “Studio Illegale”. Ora che mi son goduto, e con sommo divertimento, anche la seconda fatica letteraria dello stesso autore, dall’evocativo titolo “La gente che sta bene”, posso sbilanciarmi ed erompere in una convinta asserzione: Federico scrive bene, ma bene bene bene.
Non si tratta “soltanto” – e ammettiamolo, già non sarebbe poco – di raccontare in modo cinico e disincantato la quotidianità lavorativa, una società tesa al profitto a tutti i costi o coppie rette unicamente dalla prospettiva della vacanza in luogo chic, con gli amici giusti/dell’altezza giusta/dal conto in banca giusto.
(“Lavoro duro per potermi godere la vita. Quanti possono permettersi di assistere a un tramonto sulla spiaggia di Guadalupa? E ora immaginate di poter assistere a quello stesso tramonto ogni giorno, all’orario che preferite, comodamente da casa, con la nitidezza del nuovo plasma da 55 pollici della Samsung. Al limite si può anche mettere in pausa.”)
No, non sarebbe una descrizione sufficiente: la realtà è che Duchesne è stato in grado di ribadire le belle sensazioni che aveva già regalato con “Studio Illegale”, riconfermando un vero talento: rifletteteci per un attimo, e vi accorgerete che non sono moltissimi i libri in grado di far r i d e r e genuinamente con stile lucido e ritmato, con personaggi spessi come il tomo di una enciclopedia ed una trama che scivola via liscia ed avvolgente fino al finale, in un furioso scorrere di pagine ad orari improbabili.
(“Sì, è vero, ho un divorzio alle spalle, ma dire matrimonio fallito mi sembra fuori luogo, un punto di vista negativo, e non è questo il caso. Io preferisco parlare di una separazione ben riuscita.”)
E come se non bastasse, finisci per accorgerti che ti stai ponendo delle domande: quante volte sei stato Giuseppe Sobreroni, fastidiosamente veniale e insospettabilmente profondo, annebbiato dal “devo fare” e inconsciamente consapevole di quello che ti stai perdendo?
(“Mia moglie è una che si arrabbia troppo, mentre la vita bisognerebbe prenderla con più serenità. Per dire, c’è il figlio dei Rezzonico, che la sera è sempre lì che salta la corda in casa, e obiettivamente fa rumore, e lei se la prende. Io le dico che bisogna avere pazienza. Prima o poi cade e si fa male.”)
Ma poi, “La gente che sta bene” è anche un campionario quasi infinito di frasi a effetto, spunti da trascrivere sulla Moleskine, affermazioni geniali con cui farsi belli con gli amici tacendone la fonte originale (il bello è che funziona). Inframmezzare questa recensione con alcune citazioni è stato quasi un obbligo morale.
(“L’educazione dei figli è importante. Per esempio, quando mia figlia si rifiuta di mangiare la verdura, e insiste che non le piace, che le fa venire il vomito, io sapete cosa le dico? Le dico: “Ok, non mangiarla.” E un giorno rimpiangerà di non averlo fatto, e allora capirà l’importanza dell’educazione. Comunque le faccio prendere le pastiglie, almeno per le vitamine.”)
Dici Alfonso e pensi alla sua amata Triestina, alla sua biblioteca (rigorosamente ordinata per case editrici) che cresce a vista d’occhio, alla Moleskine rossa sempre in mano e alla adorata Nikon con la quale cattura scorci di quotidianità, possibilmente tenendo il corpo macchina in bizzarre posizioni, che vengono premiati ma non pensiate di venirlo a sapere. Se non vi risponde al telefono probabilmente ha avuto uno dei tanti imprevisti che riuscirà a tramutare in un esilarante racconto di “Viva la sfiga!”. Perché lui ha ironia da vendere ed un vocabolario che va controcorrente in questo mondo dominato dagli sms e dagli acronimi indecifrabili. Decisamente il più polivalente di tutti noi dato che è… il nostro (e non solo) Blogger senior che con il suo alfonso76.com ha fatto entrare la blog-o-sfera nella nostra quotidianità.