Prima di tutto volevo rassicurare mamma, papà e amici più cari: è il secondo Harmony che recensisco ma non si tratta delle due uniche letture della settimana. Anche perché si sa che leggo molto in metropolitana, e l’ipotesi di essere intercettati da un collega con “La vendetta di una notte” tra le mani avrebbe comportato una serie di spiegazioni troppo lunghe, e probabilmente la ricerca di un’isola tropicale in cui andare a svernare in attesa che la notizia si sgonfiasse.

Esaurita la fase delle rassicurazioni, apriamo quella della confessione: attenzione, gli Harmony generano dipendenza. Non fosse per una innata timidezza (e per i motivi di cui sopra), un istante dopo aver terminato “La vendetta di una notte” sarei corso in edicola ad approvvigionarmi: impossibile infatti non domandarsi se siano DAVVERO tutti così, o se mi sia capitato di incrociarne due in cui il plot narrativo vanta inquietanti somiglianze con il precedente.

Anche qui c’è una Lei piuttosto sfigata, convinta dai genitori ad abbandonare il ragazzo praticamente all’altare e a sposare un nobile arzillo per dare una sistemata ai conti di famiglia. E anche qui c’è un Lui (grazie al cielo non si chiama Roarck) ricco, spietato e vendicativo. Che guarda caso è quello scaricato a un metro dalle nozze quando era giovane e camionista (!), e che da miliardario ottiene improvvisamente i favori della coerente famigliola di Lei.

Ricordi e ricatti scatenano la passione, descritti – ahimè – senza la dovizia di particolari anatomici di “Ricca seduzione”; la trama (trama?) si trascina così piuttosto stancamente verso l’inevitabile lieto fine, con un numero di colpi di scena pari alla probabilità che la Triestina vinca la Champions League e una domanda destinata a rimanere senza risposta che aleggia nell’aere: sono DAVVERO tutti così?