Ci sono due pensieri che ti possiedono – letteralmente – appena terminata la lettura di “Ultimo requiem” e che dimostrano quanto il romanzo sia riuscito perfettamente nel suo scopo.
Il primo è che vuoi saperne maledettamente di più. E quindi scateni il tuo browser e magari atterri sul memoriale Calcara e scopri che non è vero che ci siano pagine della nostra storia recente che nessuno vuole scrivere. Qualcuno le ha scritte, e che nessuno le vuole far leggere.
Il secondo pensiero che ti cattura è, in realtà, una sorta di “concatenazione illogica”. Provo a spiegarmi: leggi, e in alcuni frangenti ti sorprendi a scordarti che la finzione ha – in questo specifico caso – una larga aderenza con la realtà. Scordandotelo, non puoi fare a meno di osservare quanto questo romanzo vivo, ritmato, “voltapagina” se mai ne è stato scritto uno sembri pronto per una trasposizione cinematografica che lo trasformerebbe nella sceneggiatura di un thriller di altissimo livello. Poi un nome o una situazione ti ricorda che stai leggendo Storia, che molte delle nebulose tragedie che questo disgraziato e bellissimo paese ha dovuto affrontare hanno un filo logico, uno schifosissimo filo logico. E non sai se sei più arrabbiato o più grato agli autori per aver messo nero su bianco la biografia degli ultimi trenta anni della nostra Italia.
Scopro su Wikipedia una frase bellissima che ha lasciato Alessandro Morandotti, decano degli antiquari italiani: “C’è differenza tra l’aver dimenticato e non ricordare”. Il contesto a cui si riferiva era certamente diverso, ma non per questo è meno adatta al ringraziamento: Mimmo e Nicola Rafele ci costringono a Ricordare, e a rivolgere il giusto tributo a chi si è opposto ad un potere che intrecciava i suoi tentacoli in un fraterno abbraccio con le mafie.
Nota finale per un libro che mi ha davvero convinto molto e che consiglio con veemenza: i frammenti di animazione-booktrailer che ne accompagnano la distribuzione su Youtube (e che illustrano questo post) sono splendidi, e costituiscono un esempio perfetto di quanto letteratura e arti grafiche multimediali abbiano la possibilità di esprimere insieme.
Alfonso d’Agostino
Dici Alfonso e pensi alla sua amata Triestina, alla sua biblioteca (rigorosamente ordinata per case editrici) che cresce a vista d’occhio, alla Moleskine rossa sempre in mano e alla adorata Nikon con la quale cattura scorci di quotidianità, possibilmente tenendo il corpo macchina in bizzarre posizioni, che vengono premiati ma non pensiate di venirlo a sapere. Se non vi risponde al telefono probabilmente ha avuto uno dei tanti imprevisti che riuscirà a tramutare in un esilarante racconto di “Viva la sfiga!”. Perché lui ha ironia da vendere ed un vocabolario che va controcorrente in questo mondo dominato dagli sms e dagli acronimi indecifrabili. Decisamente il più polivalente di tutti noi dato che è… il nostro (e non solo) Blogger senior che con il suo alfonso76.com ha fatto entrare la blog-o-sfera nella nostra quotidianità.