Nei sogni, si sa, tutto é permesso. Puoi camminare in una casa dalle porte infinite, inoltrarti in una foresta e ritrovarti, svoltato un angolo, in pieno centro cittadino. Puoi incontrare amici perduti da tempo o ritrovarti a volare sopra un fiume ghiacciato, mentre da un albero una scimmia cerca di colpiti con una fionda gigantesca e tre noci di cocco.
Ecco, immergersi nell’universo narrativo di Haruki Murakami produce lo stesso, identico effetto. I critici – quelli seri, non chi vi scrive cercando di narrare sensazioni ed emozioni – lo descrivono come “realismo magico” o “realismo fantastico”, ma il succo é questo: dalla prima riga di ogni suo romanzo, il più grande scrittore giapponese vivente ha il potere di trascinare in una storia che ha tutti i crismi del possibile e che si ammanta di magico ed onirico nel suo svolgimento, con una grazia e una poesia che conquistano.
“Kafka sulla spiaggia” é una summa perfetta della sua poetica. Nella storia di Tamura, quindicenne in fuga da suo padre e dalla sua città, ed in quella di Nakata, anziano con la semplicità – anche lessicale – di un bimbo e la capacità di parlare con i gatti in cui si esprimono attivamente i canoni della narrativa di Murakami, quella capacità sovrannaturale di trascinare in un mondo parallelo, misto di concretezza e aleatorietà, in cui nulla è come sembra e tutto può intraprendere strade imprevedibili e improbabili. Ed ė così che i percorsi di due personaggi che si sfiorano senza un vero incrocio raggiungono le sinapsi del lettore, pietre che costituiscono l’entrata di un mondo diventano comprensibili ed eventi apparentemente inspiegabili raggiungono una loro logicità. Come in un sogno, appunto, e quando chiudi il volume al termine della lettura ti son rimaste dentro immagini che faticherai a dimenticare e domande che non vuoi smettere di porti.
Se il benedetto Nobel per la Letteratura non dovesse, prima o poi, prendere la strada di casa Murakami, beh, qualcosa che non funziona c’è.
La citazione:
“Quando la tempesta sarà finita, probabilmente non saprai neanche tu come hai fatto ad attraversarla e a uscirne vivo. Anzi, non sarai neanche sicuro se sia finita per davvero. Ma su un punto non c’è dubbio. Ed è che tu, uscito da quel vento, non sarai lo stesso che vi è entrato.”
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Dici Alfonso e pensi alla sua amata Triestina, alla sua biblioteca (rigorosamente ordinata per case editrici) che cresce a vista d’occhio, alla Moleskine rossa sempre in mano e alla adorata Nikon con la quale cattura scorci di quotidianità, possibilmente tenendo il corpo macchina in bizzarre posizioni, che vengono premiati ma non pensiate di venirlo a sapere. Se non vi risponde al telefono probabilmente ha avuto uno dei tanti imprevisti che riuscirà a tramutare in un esilarante racconto di “Viva la sfiga!”. Perché lui ha ironia da vendere ed un vocabolario che va controcorrente in questo mondo dominato dagli sms e dagli acronimi indecifrabili. Decisamente il più polivalente di tutti noi dato che è… il nostro (e non solo) Blogger senior che con il suo alfonso76.com ha fatto entrare la blog-o-sfera nella nostra quotidianità.