Un paio di settimane fa, un mio vicino di Anobii mi ha scritto “Non hai nulla di Chabon nella libreria, leggilo!”.
La settimana scorsa ero in metropolitana e una tizia seduta vicino a me stava leggendo Chabon.
Il giorno dopo ero in libreria e ho trovato un libro piazzato su una mensola al contrario. Non son riuscito a trattenermi e l’ho messo a posto: era un libro di Chabon.
L’idea di tornare a casa e trovarmi Chabon ad attendermi addormentato sullo zerbino mi preoccupava un po’, e mi è sembrato più opportuno cedere a questa serie di coincidenze e portare alla cassa il volume che avevo trovato a testa in giù: si trattava di “Le fantastiche avventure di Kavalier e Clay”, e le giornate successive sono state dominate dai due personaggi che danno il titolo al romanzo e che, posso dirlo senza timore di essere smentito, lasceranno qualcosina in tutti coloro che ci avranno passato del tempo insieme.
Alla ricetta per il perfetto “grande romanzo” concorrono una serie di ingredienti: grande trama, grande scrittura, grandi personaggi. Nelle 800 e più pagine che compongono un libro a cui fu assegnato nel 2000 il Premio Pulitzer questi tre aspetti si rincorrono e si completano a vicenda: i due protagonisti principali, che al volume regalano anche il titolo, entrano nel cuore un passo alla volta, ad iniziare dal primo incontro in un letto da condividere a New York e fino ai flashback che raccontano l’arrivo a Brooklyn di Josef Kavalier. Un arrivo che è in realtà il risultato di una fuga, e non è un caso se i due – novelli fumettisti, l’uno disegnatore e l’altro più portato alla scrittura – finiscano per dare vita ad un personaggio definito l’Escapista, un combattente per la giustizia con la capacità houdinistica di essere sfuggente ad ogni genere di costrizione. Chabon contribuisce così allo sdoganamento di un genere, quello delle graphic novel, a cui sarà quasi costretto a collaborare: nel 2006, una casa editrice americana finirà per produrre un fumetto basato sulle fantasie dei due protagonisti del romanzo, e lo stesso Chabon non potrà esimersi dallo sceneggiarne alcuni. E così, chi si è goduto questo bel romanzo non potrà provare un minimo di emozione nel vedere davvero la chiave d’oro ed il cazzotto scagliato sul grugno di un ignobile baffetto.
Difficile non rimanere incantati da questo romanzo, che con tono leggero eppure penetrante affronta temi che toccano nel profondo. E per un attimo, ho sperato davvero di trovare Chabon sullo zerbino di casa. Avrei offerto un caffè, ed implorato di raccontarmi di più di un artista cecoslovacco in fuga e di un complesso parente newyorchese con cui diventerà grande.
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Dici Alfonso e pensi alla sua amata Triestina, alla sua biblioteca (rigorosamente ordinata per case editrici) che cresce a vista d’occhio, alla Moleskine rossa sempre in mano e alla adorata Nikon con la quale cattura scorci di quotidianità, possibilmente tenendo il corpo macchina in bizzarre posizioni, che vengono premiati ma non pensiate di venirlo a sapere. Se non vi risponde al telefono probabilmente ha avuto uno dei tanti imprevisti che riuscirà a tramutare in un esilarante racconto di “Viva la sfiga!”. Perché lui ha ironia da vendere ed un vocabolario che va controcorrente in questo mondo dominato dagli sms e dagli acronimi indecifrabili. Decisamente il più polivalente di tutti noi dato che è… il nostro (e non solo) Blogger senior che con il suo alfonso76.com ha fatto entrare la blog-o-sfera nella nostra quotidianità.
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