Leggi che è uscito il nuovo Faletti e ti prepari mentalmente a un thriller sanguinolento, tomo di 500 pagine, serial killer in numero variabile da uno a tre.

Poi incroci un collega che conosce le tue attitudini letterar-onnivore, che ti domanda se lo hai già letto, perchè è curioso di sapere cosa ne pensi. E allora spieghi che nelle settimane precedenti hai avuto qualche problemino, e non hai potuto mantenere l’assidua frequentazione delle librerie preferite a livelli che consideri accettabili.

“Vabbè ma te lo presto io, l’ho finito questa mattina in metropolitana e mi è rimasto nello zaino. E pensa che lo avevo iniziato ieri sera!”

ALT. Mi considero un lettore veloce, con punte di rapidità sorprendenti e capace di annullare il mondo intorno a me, ritrovandomi al deposito metropolitane di S. Donato per non aver alzato lo sguardo dalle pagine. Ma pensare di poter leggere un equivalente di “Io Uccido” o di “Niente di vero tranne gli occhi” in un paio d’ore  infrangerebbe ogni mio record.

Lo ammetto, la snellezza del volume che mi son ritrovato ad infilare comodamente nella tasca della giacca mi ha sorpreso, e mi ha fatto anche pensare malignamente ad una pura operazione natalizia. Ho affrontato “Tre atti e due tempi” così, con lo stato d’animo di uno che ha seguito le pubblicazioni di Giorgio Faletti prima stupito, poi decisamente deluso, ed in occasione di “Appunti di un venditore di donne” piacevolmente colpito. Ero pronto ad una nuova freccia-in-giù.

E invece.

A dirla tutta questa recensione potrebbe intitolarsi “E invece”. Perchè – circa due ore dopo, appunto – ho buttato gli occhi sull’ultima riga e mi son sorpreso a pensare.

Faletti disegna una vicenda che ruota intorno ad un personaggio di assoluto spessore: Silver, ex pugile ed ex galeotto, è il magazziniere della squadra di calcio del paese, una di quelle compagini sportive che –  grazie ad uno di quei miracoli sportivi a cui noi tutti tifosi di realtà di secondo piano ci aggrappiamo – è sulle soglie della Serie A. Silver è anche il padre del Grinta, capocannoniere del team e idolo della tifoseria nonostante una carriera che sta volgendo al tramonto. E quale migliore occasione di una partita decisiva per la promozione per capitalizzare e raggranellare fraudolentemente un (gran bel) gruzzolo, convincendo altri titolari a vendere la partita?

Il romanzo corto (o racconto lungo) si sviluppa così su di una trama sempre più avvincente all’avvicinarsi e durante lo sviluppo del match. Una sorta di tensione emotiva che non necessita di efferati delitti o di una pioggia di sangue, ma si basa unicamente su sentimenti umani, sulla vita di provincia, sul mondo limaccioso dello sport professionistico. Sullo sfondo il rapporto tra padre e figlio – con l’orgoglio e la delusione che si trascina dietro – ed emozioni semplici, dal rimpianto per una vita gettata via al ricordo di un amore passato, fino alla speranza di minuti migliori dopo il riscatto.

Complessivamente non mi è dispiaciuto: apprezzo la ricerca di novità in un autore, il suo non volersi mummificare in un genere unico. E se siete alla ricerca di un libro da regalare a chi voglia immergersi in una storia senza respirare,  o se siete voi stessi alla ricerca di un romanzo voltapagina di puro diletto, l’ultimo Faletti fa per voi.