Ho appena terminato l’ultima fatica letteraria di Fred Vargas e, prendendo spunto anche dalla sfida in atto per il predominio della classifica estiva dei libri più letti, mi son sorpreso a rivolgermi una domanda: fossi un onesto cittadino accusato ingiustamente di un delitto, a chi preferirei fossero affidate le indagini?
Da un parte il sicilianissimo commissario Montalbano (focosamente attivo, onestamente incacchiato) e dall’altra Adamsberg, pensosamente assorto, disordinato spalatore di nuvole.
Sarà che il ricordo de “La cavalcata dei morti” è ancora qui a farmi compagnia, ma per una volta supererò il mio lampante nazionalismo e voterò per il francofono. Con una mancanza di metodo investigativo che in altri gialli causerebbe attacchi di cimurro, Adamsberg è protagonista di una avventura che si sviluppa su tre casi: mentre a Parigi si accusa (ingiustamente…) un giovane piromane di omicidio, e mentre i nervi del nostro commissario sono scossi da un ignoto torturatore di piccioni, nella provincia più profonda si segnala il passaggio della Schiera Furiosa, una sorta di corteo notturno formato da anime dannate e mai foriero, come è lecito aspettarsi, di buone novelle.
Tra una passeggiata pensieroso ed uno scarabocchio riflessivo su un blocco, Adamsberg sarà costretto a dividere la sua squadra, composta come è noto da varie umanità, per far fronte ad ogni avvenimento. E per la prima volta un ruolo di primo piano dovrà essere necessariamente affidato al figlio-appena-conosciuto: il rapporto fra il commissario ed il (recentemente apparso) primogenito si caratterizza come una delle principali e più gradevoli novità del romanzo.
“La cavalcata dei morti” si sviluppa con un ritmo influenzato – come sempre – dal zoppicante procedere del protagonista e delle sue intuizioni, ma non per questo il romanzo si fa meno intrigante nello svolgimento e nel succedersi di piccoli e grandi colpi di scena. Il tutto accompagnato, come da vargassiana tradizione, dalla capacità quasi sovrannaturale dell’autrice di tratteggiare personaggi che ti accompagneranno per tutta la giornata: una volta posato il libro, finisci per sorprenderti a domandarti cosa staranno combinando il “poliziotto-poeta” Veyrenc, la tenente dotata di una forza sovrannaturale Retancourt, o il coltissimo Danglard.
I romanzi della Vargas non finirò mai di consigliarli, e vediamo se – per una volta – nei commenti si riesce a chiacchierare di letteratura, e non di politica…
Dici Alfonso e pensi alla sua amata Triestina, alla sua biblioteca (rigorosamente ordinata per case editrici) che cresce a vista d’occhio, alla Moleskine rossa sempre in mano e alla adorata Nikon con la quale cattura scorci di quotidianità, possibilmente tenendo il corpo macchina in bizzarre posizioni, che vengono premiati ma non pensiate di venirlo a sapere. Se non vi risponde al telefono probabilmente ha avuto uno dei tanti imprevisti che riuscirà a tramutare in un esilarante racconto di “Viva la sfiga!”. Perché lui ha ironia da vendere ed un vocabolario che va controcorrente in questo mondo dominato dagli sms e dagli acronimi indecifrabili. Decisamente il più polivalente di tutti noi dato che è… il nostro (e non solo) Blogger senior che con il suo alfonso76.com ha fatto entrare la blog-o-sfera nella nostra quotidianità.
L’ho letto. L’ho trovato piacevole. Il commissario Adamsberg ha tratti buoni, onesti e quasi esagerati; e lo dimostra nascondendo un ladruncolo di quartiere, così, quasi per caso. La sua squadra è fantasticamente eterogenea, quasi troppo.Non mi ha preso alla follia, ma va bene così. Quasi, lo rileggerei.