Avete presente quando vi parlano per più volte di una persona, “guarda devi assolutamente conoscerlo”, “è troppo simpatico”, “non puoi capire, un ragazzo speciale”, e poi finisci per berci una birretta insieme e hai la netta impressione che dietro una facciata appena presentabile ci sia un vuoto siderale?
Ecco.
Per un paio di settimane, chiunque segua siti e community di appassionati della lettura è stato bombardato da messaggi piuttosto entusiastici su “Il centenario che saltò dalla finestra e scomparve”, romanzo dello svedese Jonas Jonasson che ha conquistato importanti premi in patria ed è stato baciato dalla fortuna del passaparola. Persino le (poche) riviste culturali di cui disponiamo, spesso in abbinamento con quotidiani, non hanno fatto mancare quaalche pezzo di approfondimento su un libro che rischiava di diventare il caso editoriale dell’estate.
Il protagonista, l’arzillo centenario Allan Karlsson, ci viene presentato in un plot suddiviso su due filoni narrativi che si intrecciano di capitolo in capitolo: nel primo viene narrata l’avventura di Allan che, fuggito dall’ospizio poco prima della festa organizzata per il suo secolo di vita, si ritrova a fuggire per tutta la Scandinavia inseguito da organizzazioni criminali e polizia, accompagnato da una serrie di improbabili compagni di viaggio. Nel secondo è raccontata la vita di Allan, sorta di Forrest Gump nordico in grado di diventare suo malgrado protagonista di episodi essenziali della storia mondiale del secolo scorso, dalla guerra di Spagna all’invenzione della bomba atomica, dalla presa del potere maoista ad una ospitata nei gulag sovietici.
Il problema è che in Allan manca totalmente quella meravigliosa innocenza e quella curiosa ingenuità che contraddistingue il Forrest Gump cinematografico: caratteristiche che rendevano plausibili e, di conseguenza, appassionanti le avventure di Tom Hanks. Allan, al contrario, non commuove e fa fugacemente sorridere, in un romanzo ben distante da quel romanzo epocale che era stato tratteggiato.
Intendiamoci: “Il centenario che saltò dalla finestra e scomparve” si fa leggere, sorge un minimo di curiosità nell’inseguire il percorso del protagonista e nel voler verificare se potremo almeno assistere ad un riscatto della trama in un finale d’effetto (e, fidatevi, non accadrà). A me, semplicemente, non pare sufficiente per consigliarvi di imbarcarvi in 446 pagine di lettura piuttosto soporifera.
Dici Alfonso e pensi alla sua amata Triestina, alla sua biblioteca (rigorosamente ordinata per case editrici) che cresce a vista d’occhio, alla Moleskine rossa sempre in mano e alla adorata Nikon con la quale cattura scorci di quotidianità, possibilmente tenendo il corpo macchina in bizzarre posizioni, che vengono premiati ma non pensiate di venirlo a sapere. Se non vi risponde al telefono probabilmente ha avuto uno dei tanti imprevisti che riuscirà a tramutare in un esilarante racconto di “Viva la sfiga!”. Perché lui ha ironia da vendere ed un vocabolario che va controcorrente in questo mondo dominato dagli sms e dagli acronimi indecifrabili. Decisamente il più polivalente di tutti noi dato che è… il nostro (e non solo) Blogger senior che con il suo alfonso76.com ha fatto entrare la blog-o-sfera nella nostra quotidianità.
Totalmente d’accordo. Ci sono parti verso la fine (in cui si parlava più che altro di storia, dei personaggi che aveva conosciuto e cose del genere) in cui ho saltato 4-5 pagine in blocco. L’idea è molto carina, alcune parti sono molto divertenti, ma buona parte del libro è noia.
Ti ringrazio del commento: continua a stupirmi, anche a distanza di tempo, il successo che ha avuto…
Non sono riuscita a finirlo. E’ piuttosto soporifero scritto con una prosa lenta.Probabilmente non ho capito il senso del libro dato che tanti lo giudicano valido e divertente.
Mat, hai tutto il mio conforto.