blade-runner-dick

Pensi che hai voglia di leggere qualcosa di un po’ più leggero, e ti indirizzi verso le mensole dei “li ho comprati e li leggerò prima o poi perchè mi interessano”.

Ne scarti rapidamente un paio che che appartengono alla categoria del “ho letto recensioni interessanti ma non ho il coraggio di affrontarti adesso” e scivoli ancora una volta sopra i “classici che avrei dovuto leggere anni fa”, per atterrare su “credo sia perfetto per mettermi a letto a leggere qualcosa senza troppo pensare”.

Tragico errore: “Ma gli androidi sognano pecore elettriche?” (che non è il nome di una categoria come sopra descritte, ma il terzo titolo con cui è stato edito in Italia questo romanzo) è tutto tranne che un libro che aiuti a scivolare nel sonno: trama assolutamente intrigante, anche per chi abbia già affrontato la visione di “Blade Runner”, splendida pellicola di Ridley Scott che sono certo conosciate tutti, e che al romanzo di Dick si ispira senza agganciarcisi banalmente. Trama, ambientazione e persino il carattere stesso degli androidi hanno decise differenze rispetto a quanto previsto dall’autore nel libro, e la prova dell’autonomia di Scott sta proprio nelle diverse sceneggiature sottoposte ad un Philip Dick che non avrebbe approvato una semplice trasposizione cinematografica.

Ne consegue che valga la pena frasi catturare da queste fantastiche 266 pagine anche se avete ancora negli occhi le peripezie del cacciatore di androidi interpretato da Harrison Ford: ci troverete molte delle tematiche più care al percorso narrativo di Dick, tracciate con la consueta perizia ed una pulizia che vi inchioderà. Dalla difficile distinzione di ciò che è reale e di ciò che non lo è affatto alla disamina di ciò che renda davvero umani (e la risposta sembra girare tutta intorno alla parola empatia), per approdare ad una riflessione insospettabilmente profonda su religione e feticci a cui sentiamo di doverci a tutti i costi dedicare.

Insomma, una piacevolissima scoperta ed una lettura assolutamente felice. Quasi obbligatorio salutarvi con una doppia citazione, tratte rispettivamente dal romanzo e dal film, in un tentativo di chiudere – anche in questo post – il cerchio.

“Dovunque tu vada, ti sarà richiesto di fare cose che ritieni sbagliate. È una condizione costante della vita quella di essere costretti a violare la propria identità. Una volta o l’altra, ogni creatura vivente si trova costretta ad agire così. È l’ultima ombra, la disfatta della creazione. Questa è una maledizione che alimenta tutta la vita. Dappertutto nell’universo.”

“Io ho viste cose che voi umani non potreste immaginarvi. Navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione… e ho visto i raggi B balenare nel buio vicino alle porte di Tannhäuser. E tutti quei momenti andranno perduti nel tempo come lacrime nella pioggia. È tempo di morire.”