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Ho conosciuto A.H. Homes grazie a Dave Eggers.

Ecco, detta così può sembrare che io faccia abitualmente colazione con Dave Eggers e che, tra un cappuccino e una fetta abbrustolita di pancetta, lui abbia alzato lo sguardo e indicato una tizia con il laptop sulle ginocchia dicendo “Guarda, è A.H. Homes, ora te la presento”.

Poi, che io immagini A.H. Homes esattamente così, con un Imac sulle gambe mentre sorseggia un decaffeinato da Starbucks, è tutta altra questione.

In realtà, ho incrociato per la prima volta questa autrice in una antologia di racconti curata (appunto) da Dave Eggers. Da lì, la partenza di una serie di ricerche per accaparrarsi i suoi brani, pubblicati in Italia da Minimum Fax.

E sebbene io la preferisca nettamente come autrice di novelle, mi sono lasciato catturare anche da questo romanzo, ambientato (as usual) a Los Angel, con una galleria di personaggi a volte buffi ma sempre verissimi, ed il sottofondo musicale – udibilissimo – di una storia di giorni buttati via, rapporti non approfonditi, occasioni perse.