Recensione di La Place d’une autre, il film di Aurélia Georges in Concorso al Locarno Film Festival 2021.

1914. La guerra tra Francia e Germania semina morti. Nélie (Lyna Khoudri) dopo aver perso il posto di domestica si arruola come infermiera ausiliaria al fronte. E’ brava, è attenta agli altri. E’ così che un giorno soccorre una giovane donna di nome Rose che viaggia da sola. Le dà un riparo, nel mentre ascolta la sua storia, prima che un bombardamento uccida quasi tutti nel campo, Rose inclusa. Nélie intravede la possibilità di una vita migliore, assume l’identità della povera ragazza e si presenta a casa di Madame Eléonore de Lengwil per divenire la sua lettrice. Ma si sa, il passato a volte ritorna…

La Place d'une Autre. Photo: courtesy of Locarno Film Festival

Lyna Khoudri e Sabine Azéma in una scena del film La Place d’une autre. Photo: courtesy of Locarno Film Festival.

Prendi un classico dell’Ottocento e cambiagli ambiente. Ricolloca i suoi personaggi in un momento storico differente, preciso, ma che sia sospeso nel tempo e nello spazio abbastanza da essere associabile al (o confrontabile con) il nostro presente. Porta il pubblico ad affezionarsi alla sua protagonista al punto da fargli percorrere tutto il viaggio emotivo e fisico insieme. Sii attento ai dettagli e incornicia tutto con una fotografia che renda il racconto ancor più suggestivo. E’ cosi che ottieni La Place d’une autre, il terzo lungometraggio di Aurélia Georges in Concorso Internazionale a Locarno 74.

Il suo è un film che sin dalla lettura della sinossi era riuscito ad attirare la nostra attenzione. Portare oggi un classico vittoriano su grande schermo è inconsueto (è liberamente tratto da The New Magdalen, scritto nel 1873, dal poco conosciuto – almeno da noi – Wilkie Collins, amico e collaboratore di Charles Dickens), c’è il rischio di creare una distanza siderale con la platea. L’Ottocento è un secolo oscuro e troppo distante dal nostro, eppure la Georges permeando la trama di cultura francese e spostando l’azione in avanti di qualche decade, vince la sua sfida e ci regala una piccola perla degna del Festival in cui debutta.

Lyna Khoudri e in una scena del film La Place d'une Autre. Photo: courtesy of Locarno Film Festival.

Lyna Khoudri e in una scena del film La Place d’une autre. Photo: courtesy of Locarno Film Festival.

La Place d’une autre riesce a ben raffigurare un momento storico e la sua società; ad essere un storia di donne forti e decise seppur con le loro differenze (e non ci riferiamo solo alla protagonista, anzi ci stupisce molto di più l’evoluzione della assai più agée Eléonore interpretata dalla sempre splendida Sabine Azéma) che deragliano dal percorso prestabilito per loro; non rinuncia a sottolineare come l’elevazione passi attraverso la cultura (la scelta di mettere in mano all’umile Nélie un libro di Victor Hugo non è un caso); e sul finale si trasforma in un racconto intimistico senza tempo. Ed è proprio il tempo ad essere il fattore chiave di questo film: malgrado l’ambientazione e il secolo che lo separa da noi, il pensiero e le classi sociali rivoluzionate, la nobiltà interiore della giovane Nélie impensabile ai giorni nostri, chi guarda difficilmente rinuncerà a stabilire un legame con lei.

Con pochi attori sulla scacchiera (Lyna Khoudri, Sabine Azéma, Maud Wyler e Laurent Poitrenaux, questi ultimi due presenti a Locarno), la regista confeziona una pellicola ammaliante, tesissima e coinvolgente oltre ogni aspettativa. Il suo è un lungometraggio solido meritevole di raggiungere il pubblico che a fine estate tornerà nelle sale di città.

Vissia Menza

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