Recensione di Al Naher – The River, il film presentato in Concorso Internazionale al Locarno Film Festival 2021.

Al Naher - Photo courtesy of Locarno Film Festival 2021

I protagonisti del film Al Naher (The River) – Photo courtesy of Locarno Film Festival 2021.

Un uomo e una donna, un tempo innamorati, si perdono nelle foreste del Libano per provare a ritrovare il loro legame. Sopra di loro, i rumori e boati di una guerra distante ma incombente.

Dal Concorso Internazionale del Festival di Locarno ci immergiamo nelle silenziose e sofferenti atmosfere di The River (Al Naher), film del regista senegalese (ma che vive e lavora in Libano) Ghassan Salhab che completa la sua trilogia di lungometraggi dopo The Mountain (2010) e The Valley (2014).

E’ proprio così, con volti addolorati e pochissime parole, che i due protagonisti, una coppia in crisi quasi irreversibile, si presentano sullo schermo e si addentrano in un bosco forse per allontanarsi dalle minacce di un conflitto o forse per cercare una soluzione a (o dissoluzione di) quello che li teneva vicini e ora non più.

Salhab sembra cercare una sintesi tra il dolore dell’uomo e la quiete naturale, tra la valenza dei non-detti e la necessità del perdono, con le stesse armi di Kelly Reichardt e allo stesso modo tenta un lento ma inesorabile crescendo di aleggiante minaccia.

Al Naher - Photo courtesy of Locarno Film Festival 2021

Una scena del film Al Naher (The River) – Photo courtesy of Locarno Film Festival 2021.

The River si traduce così in un film estremamente riflessivo e taciturno, talmente pensieroso e meditativo che finisce per auto-ipnotizzarsi ed esagerare con la il culto della propria staticità.

I due protagonisti sono all’altezza e fondano sugli sguardi la loro terapia di coppia, mentre la guerra fuori campo (quasi del tutto suggerita) diventa a tratti l’ubi maior che minor cessat. Semmai, a deludere per larga parte del film è la rappresentazione della foresta, che dovrebbe essere il contenitore di tutto ma che anche per una fotografia generica incide poco, se non nel finale quando le tenebre calano.

Sul rettilineo finale, The River offre i suoi spunti migliori: una reciproca, complementare disperazione che avvolge lei e lui, un rito di passaggio oscuro, un inquietante e statuario cane dalle fattezze vagamente demoniache che diventa osservatore famelico di un amore che si perde tra le frasche.

Un film imperfetto e impegnativo, ma che tocca corde. Da festival.

Luca Zanovello

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Foto: courtesy of Locarno Film Festival.