Recensione di PAOLO COGNETTI – SOGNI DI GRANDE NORD, il documentario di Dario Acocella, solo il 7-8-9 giugno 2021 al cinema.

poster cognetti SOGNI DI GRANDE NORD poster film

La locandina del film Paolo Cognetti Sogni di Grande Nord.

Dopo il lungo e travagliato sonno della pandemia, in cui il tempo e l’umano si sono arrestati all’unisono, entrambi in attesa della conclusione di una inaspettata e spaventosa tempesta, trovare sul grande schermo Sogni di grande Nord, documentario scolpito nell’avventura esistenziale e nell’intima urgenza del viaggiare, non può che essere di meraviglioso auspicio.

Il film-evento diretto dal regista Dario Acocella, prodotto da Samarcanda Film, Feltrinelli Real Cinema e Rai Cinema, nasce da un’idea di Paolo Cognetti, vincitore del Premio Strega 2017 con il romanzo Le otto montagne.

Lo scrittore, dopo aver vissuto tante vite da cittadino del mondo, tra Milano e New York, ha scelto di inseguire il personale richiamo verso un’esistenza diversa, trasferendosi in una baita nel magnifico isolamento della Val d’Ayas, tra austerità e simbiosi con la natura. Con Sogni di grande Nord, mette in gioco le proprie inquietudini per rimettersi in viaggio lungo la rotta di scrittori e pensatori amati come Henry David Thoreau, Raymond Carver, Jack London e soprattutto la figura oramai leggendaria di Christopher McCandless, a cui si ispira Into The Wild – Nelle terre selvagge, il film diretto nel 2007 da Sean Penn.

Paolo Cognetti in Sogni di Grande Nord © SamarcandaFilm

Paolo Cognetti in Sogni di Grande Nord © SamarcandaFilm.

Accompagnato dall’amico Nicola Magrin, artista e illustratore, parte da Milano alla volta di territori di frontiera dominati dal silenzio, da paesaggi sconfinati di cristallo, fatica, vividi ricordi cinematografici e letterari.

I due amici raggiungono Alaska, Canada, Klondike,Yukon, in continuo colloquio con la propria identità di viaggiatori e incontri con personaggi che vivono il confine tra scelte estreme e necessità di un’esistenza diversa, che dimora solo tra cielo e terra.

Il fil rouge che sembra legare tutti gli 83 minuti di Sogni di grande Nord è l’ambizioso desiderio di catturare, come immaginari puntini, l’impetuosa partenza, le riflessioni personali, le citazioni, l’incontro con l’altro-da-sé tra le maglie di un paesaggio estremo freddo e pacifico che si staglia, costantemente, di fronte alla macchina da presa e dentro l’anima degli avventurosi.

La visita alla tomba di Raymond Carver, nell’irreale cimitero di Ocean View a Port Angeles nello stato di Washington, le parole di Jack London tratte da Il richiamo della foresta, i volti scavati e contorti di chi abita nelle surreali cittadine al confine del mondo urbano fino al desiderato approdo al Denali National Park, sulle tracce della tragica e misteriosa fine di McCandless.

Un momento di Sogni di Grande Nord © SamarcandaFilm

Un momento di Sogni di Grande Nord © SamarcandaFilm.

I frammenti narrativi di Sogni di grande Nord cercano di comporre un ambizioso mosaico in cui il viaggio assume per forza un significato più complesso e oscuro del semplice moto a luogo, sottolineando come esso sia formazione o (ri)scoperta di noi stessi, disperata fuga o consapevole necessità di perdersi tra le pieghe di un istinto antico e inquieto che da sempre invade l’uomo. Questo suggestivo dialogo intimista non riesce però a raggiungere pienamente ciò che si prefigge. Paradossalmente, invita lo spettatore a entrare in un preciso universo ma lo fa arrestare sulla soglia, come una promessa non mantenuta, cucendogli addosso il ruolo non di partecipe sodale ma di involontario voyeur.

Il documentario è un volo pilotato dentro il raccontarsi che appare sincero ma claustrofobico, un labirinto d’ego che, a tratti, non riesce a uscire dalla gabbia dell’autoreferenzialità per diventare collettivo, universale.

I dialoghi hanno la freschezza dello stupore e della scoperta ma appaiono spesso avviluppati a una nostalgia di adolescente che affida i propri pensieri sparsi alla sua Smemoranda.

Ciò che più di tutto rimane nel cuore e negli occhi è l’incontro con gli amici di famiglia di Nicola Magrin, che hanno scelto da oltre 40 anni di trasferirsi da Milano in Canada, soli, isolati e felici, mandando all’aria i piani che la vita comune li aveva destinati. Il volto e le parole del signor Bianchi in pochi minuti incidono sulla pietra il vero significato di vivere “contro” e di fare i conti con la libertà, che molto regala e molto toglie. La sua furente e impetuosa filosofia lascia una curiosità inespressa e il desiderio di saperne di più, molto di più.

Un viaggio non inizia nel momento in cui partiamo né finisce nel momento in cui raggiungiamo la meta. In realtà comincia molto prima e non finisce mai […]. È il virus del viaggio, malattia sostanzialmente incurabile. (Ryszard Kapuściński)

Sogni del grande Nord arriva nei migliori cinema il 7,8,9 Giugno con Nexo Digital

Silvia Levanti


TRAILER UFFICIALE

Foto: si ringrazia l’ufficio stampa