Intervista a SONG Kang-ho, l’icona del cinema coreano che ha ricevuto l’Excellence Award al Locarno film festival 2019.

SONG Kang-ho ha ricevuto l'Excellence Award di Locarno 72 - Photo by Tosi Photography

SONG Kang-ho riceve l’Excellence Award 2019 © Tosi Photography

Lo abbiamo visto in Mr. Vendetta e Lady Vendetta nell’epocale trilogia (completata da Oldboy) di Park Chan-wook, protagonista del cult Il Buono, Il Matto, Il Cattivo di Kim Jee-woon ed è ormai attore simbolo e prediletto del regista Bong Joon-ho, con cui ha lavorato in Memories Of Murder, The Host, Snowpiercer e più recentemente nello straordinario Parasite, film premiato con la Palma D’Oro a Cannes 2019 e presentato in anteprima a Locarno 72.
Dal volto e dalle interpretazioni feroci dell’attore classe ’67 Song Kang-ho, in sostanza, sono passati tutti i capolavori del cinema sudcoreano dell’ultimo ventennio.

Abbiamo incontrato Song Kang-ho a Locarno, il giorno in cui l’attore è stato premiato con il prestigioso Excellence Award. La prima cosa che gli abbiamo chiesto, dunque, è cosa rappresenti per lui questo riconoscimento.

Song Kang-ho: E’ un premio che per me ha un significato enorme, così come la considerazione che il Festival e il pubblico hanno dimostrato nei miei confronti miei, del cinema asiatico e nello specifico della Corea del Sud.
I film presentati, sia quelli in concorso che quelli fuori concorso, sono molto eterogenei, trattano generi e tematiche molto diversi tra loro, segno che il cinema orientale in questi anni si è evoluto e ha saputo diventare più comunicativo nei confronti dell’Occidente e delle sue platee.

Il regista BONG Joan-ho con l'attore SONG Kang-ho alla presentazione di Memories of Murder - Photo by Tosi Photography

Il regista BONG Joan-ho con SONG Kang-ho alla presentazione di Memories of Murder la sera della consegna dell’Excellence Award all’attore © Tosi Photography

Parasite è la sua quarta collaborazione con Bong Joon-ho, come è nato il vostro sodalizio?

Song Kang-ho: Ci siamo conosciuti 22 anni fa, nel 1997. Era appena uscito il film “Green Fish” di Lee Chang-dong, in cui avevo recitato, e la mia interpretazione aveva molto colpito Bong, così mi chiese di incontrarci. Lui aveva appena esordito col suo primo film, che non era andato bene al box office, mentre a me era piaciuto molto.
Nell’incontro è emersa una grande affinità, ci siamo piaciuti molto e siamo rimasti in contatto.
E’ stato in un certo senso naturale ritrovarci, qualche anno dopo, per Memories Of Murder (nel 2003, ndr), la nostra prima collaborazione. 

In Parasite interpreta un padre disoccupato e inerte, che cerca di sopravvivere tramite espedienti o le occasioni di guadagno create dai propri figli. Come giudica il suo personaggio?

Song Kang-ho: Se dovessi definirlo in una sola parola, direi che il mio personaggio rappresenta la futilità. In una scena, dice al proprio figlio una frase emblematica: “il miglior piano è non avere un piano”.
Lo immagino come un uomo che non è nato sconfitto o rinunciatario, probabilmente ce l’ha messa tutta per riuscire nella vita ma non è bastato. E’ miserabile, ma non detestabile.
E nel corso del film, in un modo bizzarro e perverso, proverà a riscattarsi e tenere in qualche modo unita la sua famiglia.

Una scena del film Parasite - Photo: courtesy of Locarno film festival

L’attore in un scena del film Parasite – Photo: courtesy of Locarno film festival

Ho letto che il suo mito è Steve McQueen.

Song Kang-ho: Sì è vero. Di McQueen ho sempre apprezzato l’aura antieroica, il suo sguardo serafico e “vacuo”, intenso ma arido come un deserto. Questa sua caratteristica mi ha sempre affascinato, fin da quando, da piccolo, ho iniziato a guardare i film in cui recitava.
Ma non lo considererei un modello vero e proprio, più un maestoso attore che mi ha sempre incantato e trasmesso emozioni quando lo vedevo sullo schermo.

Parasite, rispetto ad altri film coreani, è scioccante più da un punto di vista morale che visivo o esplicito…

Song Kang-ho: Credo che nel tempo siano cambiate in un certo senso le esigenze del pubblico,  forse dieci o venti anni fa un film con un impatto visivo forte e più d’intrattenimento aveva un appeal, un ascendente maggiore, mentre se penso ad oggi forse c’è una maggiore necessità di questioni morali, di porsele e di vederle sollevate sullo schermo.
In Corea del Sud ho percepito questo cambiamento di prospettiva, e credo anche nel resto del mondo.

SONG Kang-ho a Locarno 72 - Photo by Tosi Photography

SONG Kang-ho a Locarno 72 © Tosi Photography

La cultura e l’arte coreane sono cresciute in modo esponenziale, non solo nel cinema. A cosa crede sia dovuto questo trend?

Song Kang-ho: Non ho una risposta precisa a questa domanda, ma è vero. La Corea è un Paese con una storia molto dinamica, che ha vissuto ed è sopravvissuta a corsi storici molto interessanti e continua a farlo. E’ una nazione piccola, con molte difficoltà esterne, ma dei tesori, delle risorse e delle energie interne molto significative.
L’arte e la cultura hanno avuto una spinta propulsiva da questi elementi e queste tensioni, il cinema e la musica si sono sviluppate, trovando il modo di coinvolgere sia il popolo nazionale che quelli internazionali. Attualmente abbiamo espressioni artistiche molto dinamiche, vitali e sperimentali.

Una caratteristica peculiare del cinema coreano e di molti film in cui ha recitato è la coesistenza, persino nella stessa scena, di ironia e dramma, humour e brutalità. E’ qualcosa che ha radici culturali o strettamente artistiche?

Song Kang-ho: Credo si tratti di una complessa interazione tra le preferenze del pubblico, le caratteristiche degli autori e la natura delle storie. In realtà il mercato cinematografico coreano è pieno di film più classici, che si attengono maggiormente a un genere preciso, ad esempio commedie puramente ironiche o drammi più lineari.
Registi come Bong Joon-ho, Park Chan-wook e Kim Jee-woon, che sono coloro a cui si può ricondurre la domanda, sono in realtà un’eccezione, sia a livello di stile che di sperimentazione.

Una scena del film Memories of Murder - Photo: courtesy of Locarno film festival

Una scena del film Memories of Murder – Photo: courtesy of Locarno film festival

Pensavo al pulp americano, in cui l’ironia abbonda ma non è quasi mai accostata a profondità sociale e rigore drammatico…

Song Kang-ho: Penso ci sia una differenza sostanziale nel modo di valutare e filtrare un film tra Oriente ed Occidente. In paesi come gli Stati Uniti il pubblico dà più importanza al valore della rappresentazione artistica e al piano di intrattenimento di un’opera, mentre in paesi orientali come la Corea del Sud, ma anche in Cina o Giappone, l’interpretazione di un film è più razionale e legata al piano della realtà.

Tuttavia film come Il Buono, Il Matto, Il Cattivo e Parasite sembrano avere “contatti” occidentali, il secondo ad esempio piacerebbe da morire a Ken Loach. E’ come se la lente coreana prendesse spunto dall’Occidente e rendesse quella tradizione più bizzarra ed estrema e meno convenzionale…

Song Kang-ho: La tua è una considerazione giusta. Ma continuo a pensarla come dico io! (scoppia a ridere ndr)

Luca Zanovello

 Luca Zanovello all'intervista a Song Kang-ho © MaSeDomani

L’intervista a Song Kang-ho: l’attore e Luca Zanovello © MaSeDomani

 

ndr. Oltre all’intervista a SONG Kang-ho nel diario trovate tutti i nostri articoli da #Locarno72

 

si ringrazia l’ufficio stampa per l’intervista a SONG Kang-ho