Uno sguardo al passato, al presente (e al futuro) di una delle serie più belle e oscure di HBO: Chernobyl.
Dicevamo appena un mese fa quanto questa miniserie HBO fosse un capolavoro del piccolo schermo e quanto fosse in grado di tenerci incollati per ore alla poltrona. La sua altissima qualità traspariva già dai primi 30 minuti del primo episodio. E dal 10 giugno – giorno in cui fece il suo debutto in Italia – nessuno ha più smesso di parlarne. Ora, a distanza di giorni e settimane, sarà lo spoiler alert ridotto al minimo? Di seguito le nostre curiosità e approfondimenti su una delle serie che più ci ha conquistato!
CHERNOBYL: great and terrible
Iniziava con un «3,6 R ? Not great, not terrible» quella che si sarebbe poi rivelata come la più grande e terribile serie degli ultimi anni: Chernobyl. Scritta da Craig Mazin e diretta da Johan Renck, Chernobyl deve la sua grandezza principalmente al suo livello d’intensità in paragone allla sua durata effettiva: sole 5 puntate! Con un totale di appena 5 ore e 30 minuti Chernobyl riesce a sviluppare situazioni e personaggi in modo inedito per una serie televisiva. E soprattutto per una serie HBO: si pensi che nessuna altra miniserie del canale ha avuto lontanamente lo stesso successo; mentre l’altra serie di punta, GOT, di puntate ne aveva invece 73 .
In particolare, come dicevamo poche settimane addietro, il risultato è sorprendente se si pensa alla qualità e al rigore della sua ricostruzione storica. Avrà stupito tutti il video che paragona alcune sua sequenze con quelle effettivamente riprese sul posto 33 anni fa. Inoltre, la stessa colonna sonora (Hildur Guðnadóttir) e molte delle scene della serie sono state realizzate nei pressi di una vera centrale dismessa, quella di Ignalina in Lituania.
Tra finzione e realtà…
Tuttavia, si tratta pur sempre di una fiction, quandi è bene ricordare che alcune cose sono frutto di immaginazione: come il personaggio di Ulana Khomyuk (Emily Watson), simbolo della troupe di scienziati chiamati a risolvere il caso; la scena dell’elicottero, caduto apparentemente sì vicino alla centrale ma mesi dopo, durante operazioni di smantellamento del tetto e non durante l’operazione sabbia-boro; il discorso dell’anziano leninista sull’interruzione delle linee telefoniche o la scena della mano sul grembo di Lyudmilla (Jessie Buckley).
In generale però la ricostruzione dei fatti è piuttosto accurata, tanto da coincidere, oltre che con le riprese d’archivio, anche con le parole di Dyatlov. Costui in una videointervista smentisce la teoria per cui l’esplosione è stata causata da una serie di violazioni al test del reattore 4. Secondo il suo punto di vista, tutto era stato svolto secondo il regolamento e le stesse carte di quella sera lo dimostrerebbero. Semplicemente – e qui torna la congruenza con la serie – il pulsante d’emergenza AZ-5 fece da detonatore a quella che a tutti gli effetti fu una silenziosa bomba atomica. Condannato a 10 anni di lavori forzati, Dyatlov, ex ingegnere capo della centrale, ne scontò poi solo 5. Anche tutte le sorti degli altri personaggi sono rivelate alla fine dell’ultima puntata. Solo quella di Legasov (Jared Harris) è dichiarata in apertura della prima.
Le conseguenze
In questo senso Chernobyl è un’opera circolare, che si apre con una domanda e si chiude con un processo-risposta, ma molte questioni rimangano tuttoggi inevase. Per questo – e per riabilitare in fondo la politica industriale sovietica – pare che la compagnia energetica Gazprom, tramite la sua emittente televisiva Ntv, si sia proposta di fare una nuova serie “complottista”, secondo cui l’esplosione del reattore 4 sarebbe stata opera di un agente della CIA. La serie, composta da 12 episodi e diretta da Aleksei Muradov, sarà trasmessa a partire dal prossimo autunno. Qui le prime immagini.
Anche la casa di produzione HBO, dato il successo della prima stagione, avrebbe valutato l‘ipotesi di proseguire con una seconda, ma i suoi ideatori si son detti contrari. Dopo un periodo di contrattazioni (forse una nuova stagione su Fukushima? O una raccolta antologica su altri aspetti della vita sovietica?) Craig Mazin ha preferito fugare ogni dubbio con un tweet:
Con tutto il dovuto rispetto per Decider [magazine americano a cui aveva precedentemente rilasciato un’intervista], ma la risposta definitiva alla domanda del titolo “Ci sarà una Stagione 2 di Chernobyl?” è “No.”
In ogni caso la collaborazione fra i due resta aperta e la loro serie è stata finora stimolo alle più svariate iniziative, dalle sigle-parodia (F.R.I.E.N.D.S o i Simpson) al “dark tourism“, dato che, come stabilisce un decreto firmato poche settimane fa, Chernobyl sarebbe ora un “touristic hot spot” ufficiale. Pripyat resta invece una città fantasma. Per approfondimenti fotografici consigliamo di esplorare ii reportage di Massimiliano Squillace, David McMillan e Edwin van Laar.
Per curiosità sul making of lasciamo invece qui sotto la vivace intervista ai componenti della serie!
Alessandra del Forno
Amante del cinema documentario e di tutto ciò che riesca a sublimare in immagini la poeticità del quotidiano, Alessandra è una giovane laureata che vede in Wenders, Tarkovskij (e Aldo, Giovanni e Giacomo) la strada verso la felicità. La potete trovare ogni due lunedì del mese tra i cinefili del LatoB e tutte le altre sere tra gli studenti di documentario della Luchino Visconti a Milano.
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