In attesa di vedere il 3° episodio il 24 giugno su SKY Atlantic, la recensione degli episodi 1 e 2 della miniserie sul disastro di Chernobyl.

La locandina della serie Chernobyl

La locandina della serie Chernobyl

Chernobyl è la migliore serie dell’anno!

È la notizia del momento. Eravamo tutti convinti che sul podio ci fosse GOT. Invece ci sbagliavamo, nel 2019 vince Chernobyl!

Neppure il tempo di metabolizzare la fine de Il Trono di Spade che HBO e SKY mettono a segno un altro colpo da maestro. E questa volta non sono servite 8 stagioni e personaggi fantasy, bensì solo cinque episodi e una storia vera, di quelle tanto folli quanto note a chiunque abbia memoria del 1986. E io c’ero… inconsapevole di vivere il disastro del secolo, ma ricordo ancora la paura di quella fine aprile.

Reportage e approfondimenti di ogni sorta non hanno mai fatto scemare completamente l’attenzione sulla tragedia di Chernobyl. Prima i morti, poi le conseguenze a medio termine su persone, natura e cose. E ora, a trentatré anni di distanza, è una serie TV a ripuntare i riflettori su quei tremendi momenti.

Stellan Skarsgard è Boris Shcherbina - Photo credit: Liam Daniel SKY/HBO

Stellan Skarsgard è Boris Shcherbina – Photo credit: Liam Daniel SKY/HBO

È davvero fatta bene Chernobyl? La risposta è si.

Io ero tra gli scettici e in 30 minuti ho cambiato opinione. La miniserie è accurata, unisce sapientemente realtà e finzione, esigenze narrative e rigore imposto dagli eventi. Incede con prudenza per non scivolare sui fatti ma è tesa, anzi tesissima.

Il racconto attinge dal libro Preghiera per Chernobyl. È scandito da date, orari, nomi e luoghi. Non nasconde che alcune figure siano di fantasia e racchiudano in sé la storia di più soggetti. È pur sempre fiction e l’escamotage dona ritmo e fluidità all’esposizione, col risultato di tenerci sulle spine minuto dopo minuto come il miglior disaster movie dalla forte componente drammatica.

Nei primi due episodi, sono i profili psicologici delle persone coinvolte ad assorbirci e a caricare ogni scena di suspense sino a farci dimenticare che sappiamo esattamente come andrà a finire, ed illuderci possa sopraggiungere addirittura il colpo di scena.

Jared Harris è Valery Legasov - Photo credit: Liam Daniel SKY/HBO

Jared Harris è Valery Legasov – Photo credit: Liam Daniel SKY/HBO

È la serie delle emozioni.

Da un lato ci sono gli eroi, dall’altro gli ottusi. Da una parte c’è chi si sacrifica, dall’altra gli orgogliosi. Quelli che non vogliono accettare di aver causato una catastrofe, disposti cinicamente a sterminare la popolazione pur di non ammettere di aver fatto un gran casino. Il casino, appunto. Spicca prepotentemente la leggerezza con cui si sono utilizzati strumenti inadeguati e sono stati mandati allo sbaraglio (e al suicidio) scienziati e altri innocenti.

La prima impressione è di essere anche noi in quella città, tra le macerie del reattore numero 4. Sudiamo, respiriamo a fatica e le nostre mani scottano. Certi nomi ci infastidiscono, altri ci deludono. È impossibile distogliere lo sguardo dal televisore.

Colori, luci, angolazioni sono studiati per portarci nei cunicoli e calarci nei panni di coloro che chiudono la fila. La fotografia è a tratti livida. Impressiona la riproduzione dei luoghi (soprattutto dopo aver visto il filmato approdato in rete pochi giorni fa che paragona i fotogrammi di oggi a quelli di ieri). E i dialoghi, mai sovrabbondanti, sono assurdi quanto basta per non apparirci impossibili. 

Emily Watson è Ulana Khomyuk - Photo credit: Liam Daniel SKY/HBO

Emily Watson è Ulana Khomyuk – Photo credit: Liam Daniel SKY/HBO

L’unica nota stonata in questa sinfonia è il marcato accento inglese che esce dalle bocche di alcuni dipendenti della centrale nucleare: un particolare inatteso, che stride sino a quando il nostro udito non si abitua.

Ma le note positive sono tante e ci fanno soprassedere sui difetti.

Tra le sorprese, ci sono: il cast, con una schiera di stelle – Stellan Skarsgård, Emily Watson, Paul Ritter Jared Harris, tra gli altri; la provenienza del regista, Johan Renck, arrivato a Chernobyl direttamente dal mondo dei videoclip via Breaking Bad; e quella dello sceneggiatore Craig Mazin, aduso a commedie come Scary Movie e Una Notte da Leoni.

Per il resto, e non poteva essere altrimenti, la prospettiva è quella americana. L’enfasi sulla stupidità del “nemico” non può sorprendere. E se non riuscite a dimenticare le noccioline sul bancone del bar con la vodka nei bicchieri sbagliati, ricordate che poteva andarci peggio, molto peggio.

Ora però è tempo di tornare nel tunnel, al buio, e scoprire cosa accadrà nel terzo episodio.

Vissia Menza


TRAILER ORIGINALE