Gauguin a Tahiti. Il Paradiso Perduto: la Grande Arte torna Al Cinema

Recensione di Gauguin a Tahiti, il film diretto da Paolo Poli su l’artista che ha reinventato la pittura occidentale. In sala il 25 – 26 – 27 marzo 2019.

La locandina del documentario Gauguin a Tahiti

Irascibile, squattrinato, con un talento infinito. Potremmo riassumere così il padre del post-impressionismo, Paul Gauguin a cui è dedicato il documentario del nuovo appuntamento con la Grande Arte al Cinema. Gauguin a Tahiti Il Paradiso Perduto, il film diretto da Claudio Poli, in sala da oggi, narra gli anni che l’artista spese in Polinesia francese, alla ricerca di una verità (e di una quiete interiore) che, tutto sommato, assaggiò ma non assaporò mai a pieno – sempre a lottare con il denaro e con un mondo che solo alla fine rivalutò i suoi quadri. 

Paul Gauguin, Self Portrait (1889) – Photo: courtesy of Nexo Digital

Nato a Parigi nel 1848 nella casa di un giornalista. Da giovane ottenne un posto in Borsa. Vi lavorò per una decade, durante la quale guadagnò tanto denaro e riuscì a crearsi una famiglia. Ebbe cinque figli e si può dire che non gli mancasse nulla. Sino a quando una insistente voce interiore iniziò a farsi sentire.

C’è chi dice che il viaggiare sin dall’età di 14 mesi, quando andò dalla famiglia della madre in Perù, lasciò nel suo inconscio il seme della fuga in terre lontane. E c’è chi dice che fu l’amicizia con Camille Pissarro, colui che lo iniziò alla pittura, a liberare nella sua anima quel germe della follia che distingue i geni dalla notte dei tempi. Fatto sta che Gauguin ad un certo punto mollò tutto e si rifugiò prima nell’aspra natura Bretone (dove dipinse per esempio il famoso Cristo Giallo), poi da Marsiglia salpò alla volta di Tahiti. Era il 1891 e quel viaggio lo cambiò per sempre. 

un’immagine del film Gauguin a Tahiti – Photo: courtesy of Nexo Digital

Il film-evento su grande schermo fino a mercoledì 27 marzo (l’elenco delle sale sul sito di Nexo Digital), scava nel Gauguin in preda al furore, che abbandona la vita agiata, decide di superare l’Impressionismo e va alla ricerca di una autenticità in pittura che lo conduce all’Eden ma non alla pace. Il lungometraggio tratteggia la sua personalità complessa e “selvaggia”. Ci porta nelle case dove visse. Ci fa incontrare i pronipoti di coloro che lo amarono. Oltre a mostrarci una serie di meravigliose opere, commentate dai maggiori esperti e curatori della sua arte.

È così che ci rendiamo conto di quanto fu all’avanguardia e dirompente. Di quanto quei colori anti-naturalistici siano rimasti indelebili e abbiano fatto scuola segnando una netta demarcazione tra il secolo precedente e il nuovo. Gauguin era moderno e per la prima volta imprimeva sulla tela non ciò che l’occhio catturava bensì ciò che fremeva all’interno dell’uomo. Quelle emozioni che ci rendono tutti diversi. 

Belinda Thomson, massima esperta di Gauguin, nel film Gauguin a Tahiti – Photo: courtesy of Nexo Digital

Con la partecipazione straordinaria di Adriano Giannini e la colonna sonora originale di Remo Anzovino, il racconto è  altresì accompagnato dalle parole dello stesso autore – tratte da testi autobiografici come Noa Noa o Avant et après e dalle lettere inviate a familiari e amici. Per lo più girato in Polinesia, il documentario ci porta anche nelle metropoli americane e nelle città del Vecchio Continente, dove i capolavori di Gauguin sono confluiti e ammirati da milioni di visitatori ogni anno. Perché questo ribelle, ambizioso, col vezzo di autoritrarsi, come un selvaggio oppure come un martire, dipinse sicuramente all’ombra delle palme ma con occhio tipicamente occidentale.

Vissia Menza 

 

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