VELVET BUZZSAW: quando l’arte contemporanea uccide e ti regala un horror da Sundance

La recensione di Velvet Buzzsaw, il thriller/ horror con Jake Gyllenhaal, Rene Russo e Toni Collette, in anteprima al Sundance film Festival e su Netflix dal 1° febbraio 2019. 

La locandina del film Velvet Buzzsaw

Dopo Roma a Venezia, al Sundance Netflix torna sotto i riflettori con Velvet Buzzsaw diretto da Dan Gilroy. Un thriller dai risvolti horror, ambientato nel mondo dell’arte contemporanea, dove presto si crea un triangolo maledetto tra la gallerista navigata Rhodora Haze (Rene Russo), il dio della critica Morf Vandewalt (Jake Gyllenhaal) e la giovane arrivista Josephina (Zawe Ashton). 

Attorno a questo trio gravitano Piers, artista svuotato da quando ha abbandonato la bottiglia (John Malkovich); la stilosa wannabe-art-advisor Gretchen (Toni Colette); e il gallerista Jon Dondon (Tom Sturridge). Una manciata di volti che ci catturano e ci svelano amori e tradimenti dietro le quinte di un mercato volatile, e per nulla spontaneo, come quello dell’arte nel nuovo millennio, in cui la poesia è stata soffocata dai giochi di denaro.

Sarà per questo motivo che il ritrovamento di un considerevole numero di opere di Vetril Dease, pittore sconosciuto, morto in solitudine e senza parenti, ma dall’immenso potenziale (economico), diventa l’occasione perfetta per Josephina per emergere e spiccare il volo. Noncurante delle ultime volontà dell’uomo (secondo le quali i suoi quadri dovevano essere distrutti), la ragazza porta tutto a casa, ricatta Rhodora e conquista Morf. Sarà l’inizio di un incubo. 

Rene Russo e Jake Gyllenhaal in una scena di Velvet Buzzsaw – Photo: Netflix

L’ARTE È PERICOLOSA

La scena si apre ad Art Basel Miami. Meeting annuale imprescindibile di tutti quelli che contano, collezionisti facoltosi, galleristi, artisti pretenziosi, curatori e giornalisti, o presunti tali. Bastano i primi incroci di sguardi e le poche parole tra Morf e Rhodora per darci una panoramica del mondo in cui il regista di The Nightcrawler ha deciso di immergerci. Un mondo che abbiamo già esplorato nel superlativo e tagliente The Square da cui, fughiamo subito ogni dubbio, Gilroy attinge per trascinarci in un lungometraggio ben diverso, un horror con tocco sarcastico della durata di 112 minuti.

Senza troppi preamboli, infatti, la cultura e gli effimeri equilibri lasciano il campo alla paranoia e al gioco al massacro. Perché come suole accadere nei film di genere, non ne rimarrà in piedi neppure uno! E ciò ci mette di buon umore. I protagonisti, malati di egocentrismo e avidità, e travolti dalla notorietà che i dipinti del misterioso Dease dà loro, ignorano sino a quando sarà troppo tardi gli inquietanti eventi che iniziano ad accadere attorno a loro.

Toni Colette in una scena di Velvet Buzzsaw – Photo: Claudette Barius / Netflix

NESSUNA ARTE È POSSIBILE SENZA SACRIFICIO

Dicevamo proprio pochi giorni fa che Jake Gyllenhaal raramente sbaglia un ruolo e la sua eccentrica performance in Velvet Buzzsaw ne è l’ennesima prova. Morf è la splendida summa dei critici innamorati della propria immagine, che hanno trasformato la penna in una impietosa spada che lascia dietro di se corpi esanimi oppure consacra a Cavalieri dell’Arte perfetti sconosciuti, il cui valore dipenderà sempre dal loro favore. 

Jake/ Morf è caricaturale, altrimenti l’ironia svanirebbe e, nell’insieme, tutto è assurdo. Non a caso agli occhi di molti la pellicola apparirà superficiale. Io l’ho trovata visivamente ammaliante (la fotografia, la scenografia, i colori, son studiati per farci contemplare le inquadrature quasi fossimo novelli Morf) e dotata di quella dose di ambiguità e leggerezza tipica dei B-movie efficaci. Alla fine, il messaggio c’è – l’opera d’arte non è solo un oggetto – e la domanda pure: a cosa diamo maggior valore nella vita? Il resto non sarà un masterpiece ma rimane intrattenimento di qualità. 

Vissia Menza

 

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