Recensione di The Square, il film di Ruben Ostlund vincitore a Cannes 2017, nei cinema dal 9 novembre.
C’è arte e bellezza ovunque. È esibita. È li, apposta, su un piedistallo, per essere ammirata, anelata e non toccata. Siamo in un importante museo di Stoccolma, di quelli che fanno della provocazione il proprio punto di forza. Curatore dell’istituto è un signore di nome Christian sicuro di sé, cosciente del suo magnetismo (e del fascino che esercita sulle donne).
L’uomo e l’ambiente dimostrano una meravigliosa alchimia foriera di continuo successo. In questo microcosmo i poli uguali si attraggono, la stravaganza genera ricchezza, la provocazione attira gli sguardi e moltiplica, di nuovo, la ricchezza, chiudendo un cerchio quasi abbagliante. Ma una mattina, sulla via del lavoro, Christian subisce un raggiro, viene derubato e come nelle migliori favole l’incantesimo si spezza.
Distratto dall’evento e scosso nell’ego, il protagonista permette all’istinto, all’irrazionale, di prendere il sopravvento. Inizia a inanellare una serie di comportamenti poco nobili, quasi adolescenziali, dalle conseguenze inaspettate sulla sua persona, sulla sua carriera e su The Square, la nuova istallazione a cui si stava dedicando, colei che ha l’onore di dare il titolo alla pellicola in sala da qualche giorno.
The Square ha debuttato in Concorso all’ultimo Festival de Cannes ed è rincasato dalla Croisette con il premio più ambito: ha vinto la Palma d’Oro. Una Palma su cui in pochi avevano puntato; una Palma che dirazza dai temi caldi di quest’ultimo lustro; una Palma che va a colpire uno ad uno i difetti che accomunano una parte di noi.
Con pungente ironia, il film diretto da Ruben Ostlund (Forza Maggiore) fa risplendere l’acutissimo spirito di osservazione del suo autore e la finezza di una mente che senza chiasso, ma senza sconti, confeziona una spiazzante critica dell’attuale società “culturalmente impegnata”, da Nord a Sud, da Est ad Ovest. Nessuno escluso.
Dalle eleganti vesti indossate da Christian (un irresistibile Claes Bang), dagli spazi che ostentano benessere, dalla gente che gravita in quel mondo “colto”, emerge l’assurdità di una bolla che ci siamo costruiti da soli per compiacere e illudere noi stessi, anestetizzandoci dal degrado culturale, morale e sostanziale di cui siamo vittime e carnefici.
Tutto stride. È il regno dell’effimero sgradevole, dell’arte-non-arte che per essere tale deve valicare il limite. Tutto ha perso un senso e, forse, il balordo tentativo di Christian di risolvere da solo il torto subito, è la cosa più umana e normale che vediamo nei 140 minuti di durata di The Square. Peccato che i dettagli ci riconducano sempre al nostro reale.
Ostlund ci porge uno specchio e poi, con rigore, inizia a demolire la nostra illusione, le nostre certezze, le nostre sicurezze. Ne usciamo malconci. Nulla è lasciato al caso – nessuna inquadratura del regista, nessun gesto del cast, nessuna risata del pubblico. Si ride per non vergognarsi, perché in ogni imperfezione, debolezza o eccesso di quei poveri manichini sullo schermo, possiamo riconoscere qualcosa di familiare.
The Square probabilmente è troppo sottile per riuscire ad attirare le folle del sabato sera, e sicuramente non è lo spettacolo che ci si attendeva. La vena ironico-tagliente che pervade ogni testo e sotto-testo, ogni sguardo stranito e ogni azione sballata, disorienta ed eventualmente tramortisce. Un intontimento inevitabile che però ci permette di sopravvivere a quella stroncatura tanto dolorosa quanto affascinante. Perché The Square è proprio così: non ci fa respirare ma è ammaliante, inebriante, indimenticabile.
Vissia Menza
Ennio Flaiano amava ricordare che “Il cinema è l’unica forma d’arte nella quale le opere si muovono e lo spettatore rimane immobile.”, ed è Vissia ad accompagnarci con passione e sensibilità nelle mille sfaccettature di un’arte in movimento. Ma non solo. Una guida tout court, competente e preparata, amante della bellezza, che scrive con il cuore e trasforma le emozioni in parole. Dal cinema alla pittura, con un occhio vigile per il teatro e la letteratura, V. ci costringe, piacevolmente, a correre per ammirare un’ottima pellicola o una mostra imperdibile, uno spettacolo brillante o un buon libro. Lasciarsi trasportare nelle sue recensioni è davvero facile, perdersi una proiezione da lei consigliata dovrebbe essere proibito dal codice penale. Se qualcuno le chiede: ma tu da che parte stai? La sua risposta è una sola: “io sto con Spok, adoro l’Enterprise e sono fan di Star Trek”