Recensione de Il gioco delle coppie, la nuova commedia di Olivier Assayas con Guillaume Canet e Juliette Binoche dal 3 gennaio al cinema.
Penna dietro alcuni dei migliori film francesi degli ultimi anni, pionere dei più diversi generi cinematografici, Assayas torna ora sul grande schermo con gioiellino che non potrà non far parlar di sè. Il Gioco delle coppie – titolo (ingrato) del francese Doubles Vies (Non fiction) – è l’ultimo film da lui diretto e sceneggiato. E porta a estrema maturità modi e temi già sondati in precedenza sui terreni di Slis Maria, Demonlover e, soprattutto, Irma Vep. Proprio con Irma Vep Il gioco delle coppie condivide il suo essere sostanzialmente un «film di idee», ossia un film d’impianto cerebrale camuffato (in questo caso) da commediola.
Ambientato in una Parigi intellettuale, dove le relazioni sentimentali sembrano sfibrarsi (o consolidarsi?) sotto i colpi impietosi della tecnologia, il nostro film insegue le vite di cinque protagonisti. Quella di Alain (Guillaume Canet), editore di successo, e di sua moglie Selena (Juliette Binoche), attrice di serie tv. Quella di Léonard (Vincent Macaigne), autore in declino, e di Valérie (Nora Hamzawi), sua giovane compagna militante. E infine quella di Laure (Christa Thèret), avanguardia dell’editoria multimediale e segreta amante di Alain, suo capo. A fare il paio con questo triangolo, anche quello fra Selena e Léonard, amanti di lunga data ormai sopraffatti dalla noia.
Lo sguardo ironico, beffardo, eppure spietatamente neutrale di Assayas segue per 108 minuti questi personaggi in una gustosissima commedia dell’equivoco. Una commedia in cui si agitano liberi gli spiritelli rosa del tradimento, dell’infedeltà e della menzogna per parlare in realtà di tutt’altro. Di relazioni, di cultura, di multimedialità, di cosa ne sarà dell’editoria quando il digitale avrà preso il sopravvento. Quale futuro per la carta stampata? E per quegli autori che attingono solo e unicamente dal proprio vissuto?
Il gioco delle coppie è una splendida istantanea sui retroscena dell’industria culturale al giorno d’oggi. Una brillantissima commedia sui goffi modi che hanno i nostri cuori di reagire all’avanzata del digital marketing nella quotidianità. La scrittura, rientrata da Venezia (ingiustamente) a mani vuote, conferma in Assayas una roccaforte del pensiero tagliente e fluido, un maestro della composizione. E il risultato è una lucida storia di dubbi universali, inebriante quanto i calici di vino che continuamente sorseggiano i suoi protagonisti.
Tra letti e simposi, sono infatti i dialoghi i veri signori della scena. La parola trionfa su tutto, sviscera le ombre delle relazioni, del mondo editoriale, e con altrettanta leggerezza se ne beffa. Cavalca l’onda della più virtuosa linguistica dei media per riportarci poi quasi inaspettatamente al punto di partenza. L’effetto finale è quel misto di amarezza e fascinazione che solo certa cinematografia francese riesce a dare. Se già avete amato Assayas e la Binoche dai tempi di Slis Maria, non potrete che iniziare bene il nuovo anno! Dal 3 gennaio al cinema.
Alessandra del Forno
Amante del cinema documentario e di tutto ciò che riesca a sublimare in immagini la poeticità del quotidiano, Alessandra è una giovane laureata che vede in Wenders, Tarkovskij (e Aldo, Giovanni e Giacomo) la strada verso la felicità. La potete trovare ogni due lunedì del mese tra i cinefili del LatoB e tutte le altre sere tra gli studenti di documentario della Luchino Visconti a Milano.
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