Il talento del crimine di Jill Dawson: la presentazione milanese del libro e la nostra intervista all’autrice.
Una scrittrice statunitense, da poco trasferitasi nella campagna del Suffolk, Inghilterra, cerca solo di farsi gli affari propri. Contattata e lusingata da una giovane giornalista, Patricia vive una tormentata storia d’amore con una donna sposata, Samantha, e preferirebbe vivere sottotono, con discrezione. Ma se ti chiami Patricia Highsmith, è difficile nascondersi, anche nella campagna inglese del 1964. I problemi sembrano inseguirti. E quella che appare una soluzione, potrebbe essere l’inizio di una spirale di delitti, sospetti, doppi e tripli giochi, con una “verità” difficile da scoprire fino alla fine.
Il gioco mortale imbastito da Jill Dawson in Il talento del crimine non è solo quello di rendere protagonista di una vicenda dai toni thriller Patricia Highsmith, autrice che sul cuore nero degli esseri umani ha scritto pagine indimenticabili.
Il gioco di Jill è quello di esplorare sia le motivazioni che portano a scrivere di delitti efferati, sia i meccanismi che possano aiutare a concepire i delitti, veri o narrativi che siano.
Un gioco esplicitamente citazionista sin dal titolo che echeggia Il talento di Mr. Ripley, che prosegue con gli episodi narrativi inseriti nella vicenda, tratti sia dalla “realtà” della Highsmith che dalle sue creazioni.
La vera domanda è però: c’è veramente distinzione tra fantasia e realtà, o è solo questione di percezioni, di esplicitare a cosa affibbiamo l’etichetta di vero e a cosa quello di finzione?
Tutto quello che crediamo di ricordare della nostra vita subisce elaborazioni dalla nostra mente, frutto di sovrapposizioni, di aggiustamenti, di selezioni che il nostro io effettua a suo piacere, molte volte senza la nostra volontà.
E così che la Patricia Highsmith di Jill Dawson, costrutto della fantasia ispirato a una persona reale, non è meno vera dell’originale. Frutto di un lavoro documentale da un lato, di un vero e proprio talento narrativo dall’altro: la costruzione del personaggio, con un percorso pregresso alle spalle, delle intenzioni e scopi da raggiungere. Altri personaggi nella vicenda hanno pregressi, scopi e intenzioni che confliggono con quelle di Patricia, scatenando un inferno in cui nessuno si salverà.
Fino alla fine il lettore rimane avvinghiato alle pagine, cercando e attendendosi risposte. Arriveranno, forse, ma il colpo di genio è dare risposte che facciano lavorare la mente del lettore che si porrà altre domande, alle quali sarà suo compito rispondere.
Il viaggio nella mente capace di un delitto è più importante dell’arrivo a destinazione.
Durante la presentazione ha spiegato di aver voluto raccontare di come gli scrittori, che si nascondono durante la scrittura, rivelano molto di se stessi in quello che scrivono.
Ho incontrato Jill Dawson alla presentazione tenutasi a Milano nell’ambito del Noir in Festival. Colpisce lo sguardo attento e l’espressività dell’autrice nel raccontare il suo romanzo, gli aneddoti che l’hanno accompagnata durante la scrittura. Una immersione nel mondo del suo personaggio che l’ha portata a coltivare lumache come faceva la Highsmith. Lumache che poi ha dovuto liberare perché “avevano figliato a dismisura”.
Dell’esperienza ricorda il fascino di queste creature “sempre abbracciate, che fanno continuamente l’amore”, come una metafora del bisogno continuo di essere amati, forse.
Da appassionato del fantastico le chiedo se pensa che il romanzo possa piacere al di là del genere, e anche agli appassionati di fantastico. Anche perché c’è nelle pagine un’ambiguità di fondo tra dimensione e dimensione reale.
Secondo lei, può piacere, a prescidere dall’appartenenza a un genere: “Per molti lettori è un thriller, ma altri lettori interpretano alcune parti come la lettura di quello che la Patricia del romanzo sta scrivendo nel corso della vicenda.”, spiega.
Un problema, quando si scrive di scrittori, ma anche di personaggi forti con i quali c’è il rischio di immedesimarsi, è di non sapere dove sia il confine tra scrittore e personaggio. Per la Dawson, non è così importante capire dove inizi Jill e finisca Patricia, perché nel risultato finale quello che il lettore percepisce è “una fusione”, tra scrittore e personaggio.
La scintilla che ha dato origine al romanzo è infatti nata dall’esigenza di rendere omaggio a un personaggio complesso e sfaccettato, una texana che viveva in Inghilterra.
Per la Dawson infine, non c’è comunque un vero problema a entrare e a uscire dalle menti criminali dei personaggi dei quali si scrive. Ritiene infatti che gli scrittori siano “in grado di immaginare qualsiasi cosa”, ma tenendo ben distinto il confine. Quindi a suo dire non è tanto diverso “immaginare un assassino, un ragazzo autistico o una lesbica”, perché lo scrittore è come un “testimone degli eventi che racconta”.
Ringraziandola del tempo concessoci ho solo l’occasione di dolermi del poco tempo a disposizione, perché di temi da approfondire il romanzo ne presenta parecchi.
Emanuele Manco
IL LIBRO
Inghilterra, 1964. La celebre scrittrice americana Patricia Highsmith si è ritirata in un cottage nella piovosa campagna del Suffolk per scrivere il suo nuovo romanzo e sfuggire alle persecuzioni di un misterioso ammiratore. Ma la sua quiete viene interrotta dalla visita di un’affascinante giornalista, dal volto stranamente familiare… E quando da Londra arriva la sua amante, l’algida, elegantissima Samantha, il mistero si infittisce.
Tra segreti, sospetti, flashback e ombre del passato, Patricia si ritroverà all’improvviso in un incubo, vittima e allo stesso tempo raffinata artefice di un gioco mortale.
Ripercorrendo la vita di Patricia Highsmith e sulla falsariga dei suoi libri (gli appassionati vi troveranno numerosi richiami), Jill Dawson indaga gli spaventosi abissi della mente criminale e il misterioso potere della scrittura in un thriller psicologico ad alta tensione, ricco di suspense e atmosfera, proprio come i romanzi della stessa Highsmith.
“Non tutti sono capaci di uccidere, questa è un’idea fasulla. Tutti sono capaci di pensarci, naturalmente, e sono capaci di desiderarlo. Ma andare fino in fondo è un’altra cosa. È il crimine definitivo, un confine che in pochi attraversano.”
L’AUTRICE
Jill Dawson è considerata una delle più talentuose scrittrici inglesi contemporanee. Nata a Durham nel 1962, ha studiato all’università di Nottingham, per poi trasferirsi a Londra nel 1983. Attualmente vive nelle Cambridgeshire Fens. Docente di scrittura creativa riconosciuta a livello internazionale, ha pubblicato nove romanzi e curato diverse antologie di poesie e racconti. Le sue opere sono state tradotte in molte lingue. Ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti, tra cui l’East Anglian Book Award per Il talento del crimine. Il suo sito è www.jilldawson.co.uk.
SCHEDA LIBRO
Jill Dawson, Il talento del crimine, traduzione Matteo Curtoni e Maura Parolini
Pagine: 256
Editore: Carbonio Editore (15 novembre 2018)
Collana: Cielo stellato
ISBN: 9788899970208
Si ringrazia l’ufficio stampa per il supporto iconografico
Matematico prestato all’informatica, giornalista pubblicista, curatore della webzine amica FantasyMagazine.it e autore di racconti. Siamo convinti che scrivendo di supereroi ne abbia acquisito i poteri fantastici e siamo felici di averlo con noi più o meno ogni cambio di stagione.
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