E’ possibile bocciare una maestra del noir internazionale ed un titolo che ha avuto un enorme successo (letterario e cinematografico) al punto da essere indicato all’interno della lista dei 1001 libri da leggere ad ogni costo?

Per quanto mi riguarda sì, si può, ed é il caso de “Il talento di Mr. Ripley”, romanzo scritto nell’ormai lontano 1955 dalla statunitense Patricia Highsmith, i cui fasti sono stati rinverditi nel 1999 dall’omonima pellicola cinematografica, con Matt Damon e Jude Law nei panni dei due personaggi principali.

Il romanzo apre una serie di 5 volumi tutti incentrati sul protagonista Tom Ripley: si tratta di ambiguo e complesso giovane americano, un piccolo truffatore che viene ingaggiato dalla famiglia di Dickie Greenleaf, rampollo di una ricca famiglia di produttori nautici, che si è recato in Italia a godere della sua rendita e delle coste campane con qualche pretesa artistica (è pittore di mediocre talento) e, soprattutto, senza alcuna intenzione di rientrare in patria per occuparsi di progettazione di barche nell’industria di famiglia.

Ripley si reca dunque in Italia, nell’immaginario paese di Mongibello, immerso nella meraviglia delle coste amalfitane. Qui approfondisce la conoscenza di Dickie (i due si erano soltanto sfiorati in passato) ed entra quasi immediatamente in conflitto con Marge, amica con una profonda infatuazione non ricambiata verso il ricco erede americano

La trama si sviluppa poi fra la Campania, Roma, Venezia, la Costa Azzurra in una escalation di eventi che ci viene raccontata in prima persona da Ripley. Eviterò di guastarvi la lettura, se mai abbiate intenzione di affrontarla; mi limiterò a segnalarvi che il protagonista é assolutamente insopportabile, squallido nei pensieri e nel comportamento, stupidamente pieno di una autoreferenzialitá annichilente. E se vi aspettate uno di quei romanzi la cui geniale bellezza sta nel provocare il lettore ad un tifo sfegatato verso un personaggio negativo, beh, qui ci siamo lontani. Leggi e ti auguri che un autotreno fuori controllo centri Ripley alle spalle scagliandolo ad esalare l’ultimo respiro in una porcilaia.

L’impressione costante durante la lettura è che stia per accadere finalmente qualcosa di sensato, ma non é così: gli indizi si accumulano senza sosta, le patetiche giustificazioni addotte dal sospettato non convincerebbero neppure il commissario Winchester di simpsoniana memoria, eppure…

Lungi da me sconsigliare qualsivoglia lettura. Diciamo che “Il talento di Mr. Ripley” resta ben distante dal mio ideale di letteratura, ecco. A vostro rischio e pericolo.