La recensione di Deadpool 2, sequel del divertente cinecomic con protagonista Ryan Reynolds diretto da Tim Miller. Al cinema dal 15 maggio 2018.

il poster del film Deadpool 2

il poster del film Deadpool 2

Se il fittissimo universo cinematografico Marvel fosse un raduno di parenti, Deadpool sarebbe quello zio ubriacone e sporcaccione che, ben prima che gli antipasti siano in tavola, ha già raccontato un paio di barzellette sconce e si è pulito la bocca con la tovaglia: una scheggia impazzita che, anche con modi esagerati e magari non sempre opportuni, salva dalla monotonia e dal copione già scritto.

Questo effetto sortì nel 2016 il primo film dedicato allo sboccato supereroe in tuta rossonera, il più scatenato e scorretto cinecomic a memoria, che convinse tanto quanto il suo protagonista Ryan Reynolds, finalmente in un ruolo divertente e ispirato.

Deadpool 2, prima regia lunga dell’eclettico Tim Miller (che l’anno prossimo dirigerà il reboot di Terminator), cavalca l’onda dei toni “soprissima” le righe del suo predecessore, sfidando la dura legge dei sequel e di quel troppo che, alla lunga, rischia di stroppiare.

Ryan Reynolds in una scena di Deadpool 2 - Photo: courtesy of 20h Century Fox

Ryan Reynolds in una scena di Deadpool 2 – Photo: courtesy of 20h Century Fox

Come si evitano questi ostacoli? Deadpool 2 sceglie la soluzione da all-in pokeristico, un atto secondo che recupera un abbrustolito Wade/Deadpool, parte col botto e prosegue uguale, ammucchiando gag, azione e apparizioni speciali con un ritmo forsennato (a volte pure troppo, tanto che qualche dettaglio rischia di perderselo anche il re dei nerd).

La portata principale dell’abbuffata è sempre lo humour, delicato come una mazza ferrata, che cita e sbertuccia i colleghi (vittima eletta, ovviamente, Hugh Jackman e il suo Logan) con linguaggi da pura avanguardia pop.

Nella densa rassegna acrobatica di Deadpool 2 ci sarebbe anche un plot, ma vi interessa davvero?
Si tratta di contrastare una montagna di muscoli venuta dal futuro chiamata Cable (Josh Brolin, più convincente di quando fa Thanos), poi una catena montuosa di muscoli assai nota ai mangiafumetti, poi la giovanissima minaccia Russell (Julian Dennison, il bambino di Hunt For The Wilderpeople).

Josh Brolin in una scena di Deadpool 2 - Photo: courtesy of 20h Century Fox

Josh Brolin in una scena di Deadpool 2 – Photo: courtesy of 20h Century Fox

La lotta del bene contro il male è la solita ricetta, ma è il condimento di Deadpool, che poi è il vero sapore del franchise, fa la differenza. E, nonostante non sia più una sorpresa, il turbine incontrollabile di Deadpool e amici resiste e funziona ancora.

Tra logorree, apparizioni estemporanee e celebri camei da non spoilerare, il secondo Deadpool è così spudoratamente coerente con le proprie esagerazioni da farsi benvolere.
Con la consapevolezza di non trascinarsi troppo, di chiudere un passo prima della saturazione cerebrale e visiva, pur sempre nella logica del giro sulle montagne russe da fare una tantum per non diventare nauseante.

Luca Zanovello