Recensione del film Logan – The Wolverine, in anteprima alla Berlinale 2017 e  nei cinema dal 1° marzo.

Il poster italiano del film LOGAN - THE WOLVERINE

Il poster italiano del film LOGAN – THE WOLVERINE 

Con Logan – The Wolverine arriva al capolinea la vicenda umana e superumana di James Howlett, alias Logan, interpretato da Hugh Jackman in ben nove film, sei sugli X-Men e tre in solitario, compreso quest’ultimo.

Wolverine è un mutante dotato di un fattore rigenerante che gli consente di guarire da ogni ferita o malessere, essere immune a veleni e/o droghe, e che lo dota anche di una estrema longevità, considerabile anch’essa una malattia in un certo senso. Il suo scheletro è rivestito di adamantio, metallo immaginario che nell’universo Marvel è il più resistente. È inoltre armato di artigli ossei retrattili rivestiti dello stesso metallo. I suoi sensi, sviluppati come quelli di un animale da preda, completano il quadro dei poteri del personaggio, rendendolo un’arma letale. Come l’animale dal quale prende il nome, in italiano “l’orso ghiottone”, è capace di combattere con ferocia, perdendo ogni freno inibitore.

Jackman, classe 1968, non è vecchio per gli standard attuali, ma di certo i normali segni del tempo sono incompatibili con un personaggio la cui esistenza si misura in secoli. Anche per stanchezza e non solo quindi per sopraggiunti limiti di età dell’attore si è imposta la necessità di narrare una storia diversa da quelle dei primi film.

La vicenda di Logan – The Wolverine è ambientata in un lontano futuro. Troviamo James Howlett che sbarca il lunario come autista di limousine, trasbordando ricconi annoiati attraverso il confine tra Messico e Stati Uniti e ritorno. Si prende cura di Charles Xavier (Patrick Stewart) che invecchiando ha perso il controllo dei suoi poteri, insieme a Calibano (Stephen Merchant), mutante dotato del potere di localizzare gli altri mutanti. I suoi poteri rigeneranti sembrano essersi indeboliti, e Logan si riprende in molto meno tempo da sbronze e ferite.
Come sempre, anche se cerca di mantenere un basso profilo, sono i guai che vengono a cercarlo.
Non sono certo degli improvvisati ladri d’auto il vero problema. La vera messaggera che riporta Logan e il Professor X in azione è una donna che accompagna una bambina molto aggressiva, che sembra avere poteri molto simili a quelli di Logan, compresi i letali artigli di adamantio. Alla bambina sembrano essere interessati anche dei cacciatori cyborg, guidati dal letale Pierce (Boyd Holbrook). Da ex cacciatore Logan diventa una preda, cercando di salvare la sua vita e quella dei suoi amici, in una vicenda che tira le fila anche delle sue origini.

Il secco titolo originale, Logan, ribadisce la scelta di una vicenda che distilli l’essenza del personaggio, senza gli orpelli della sua pregressa mitologia. Una scelta simile a quella di Rocky Balboa e John Rambo.
Va detto che non è solo merito dei film sugli X-Men se il nostro mutante gode di enorme successo presso il grande pubblico, pari a quella di Spider-Man, Fantastici Quattro, o sul versante della Distinta Concorrenza, Superman e/o Batman. Dal 1974, anno della sua prima apparizione numeri 180 e 181 della collana The Incredible Hulk, Wolverine è stato uno dei pochi personaggi non creati direttamente da Stan Lee negli anni ‘60 (a idearlo furono Lein Wein e Dave Cockrum) ad avere saltato questo fosso, diventando iconico anche presso chi non era strettamente fan dei fumetti.

Hugh Jackman in Logan - Photo Credit: Ben Rothstein © 2017 Marvel. TM and © 2017 Twentieth Century Fox Film Corporation. All rights reserved. Not for sale or duplication.

Hugh Jackman in Logan – Photo Credit: Ben Rothstein © 2017 Marvel. TM and © 2017 Twentieth Century Fox Film Corporation. All rights reserved. Not for sale or duplication.

Il ferino Wolverine è l’archetipo del guerriero tormentato dall’oscuro passato. Un’anima ferina e guerriera, alla stesso tempo pura e nobile, capace della migliore amicizia e dell’amore più fedele, nonostante l’estrema riluttanza ad ammetterlo. Una macchina per uccidere suo malgrado. Tutto nel rispetto sia di stilemi avventurosi classici che dell’ancora moderno dettame di Stan Lee del “supereroe con super problemi”.

Sono il migliore in quello che faccio. Ma quello che faccio non è una cosa piacevole…

La citazione è tratta dalla edizione in volume edita dalla Play Press nel luglio 1989 di Wolverine, la miniserie del 1982 scritta da Chris Claremont e disegnata da Frank Miller, che rappresenta il debutto in solitario del mutante omonimo, dopo anni di militanza sulle testate degli X-Men. È un tormentone che ricorre spesso nelle storie del personaggio. Una frase che è un po’ il manifesto di come esso si presenta al pubblico all’epoca.
A questa caratterizzazione è ispirata la versione cinematografica di Wolverine, apparsa per la prima volta in X-Men, film di Bryan Singer del 2000.

La storia messa in piedi per Logan da Scott Frank, James Mangold, Michael Green distilla altresì liberamente alcuni elementi dalle miniserie The End (2003) e Vecchio Logan (2008) chiudendo il cerchio aperto da Singer, ma sgombra il campo dalla rappresentazione iconografica del supereroe che salva il mondo in una tuta attillata. Non è tempo di eroi che sembrano essere sopravvissuti alla loro utilità. Lo stesso sogno di Charles Xavier di convivenza pacifica tra umani e mutanti sembra il retaggio di un’altra epoca, più civilizzata.
Senza dimenticare l’eredità di oltre quarant’anni di vita editoriale del fumetto, con la quale viene a patti in modo intelligente, Mangold sceglie di appoggiarsi in modo evidente a uno specifico cinematografico, avvicinandosi e ispirandosi a quelle storie come il citato Il cavaliere della valle solitario, che erano allo stesso tempo la rappresentazione dell’acme e del crepuscolo dell’eroe.

La regia non punta sull’esagerazione ma sulla sottrazione di elementi. La fotografia è a grana grossa, che avrebbe potuto essere anche in bianco e nero.
Queste scelte pongono Logan al di fuori del cinema blockbuster e, nonostante i momenti d’azione e di spettacolo, mettono in evidenza le chiare intenzioni antiretoriche. Pur tuttavia Logan, mettendo in scene la prova finale che rende definitivamente l’eroe degno di entrare nel Valhalla, diventa l’elegia della stessa epica che sembrava voler negare.

Se Wolverine è l’ultimo mito, Logan è la sua degna ultima storia.

Emanuele Manco

n.d.r. un clic QUI per leggere l’approfondimento dedicato alla conferenza stampa di Logan in Berlinale 2017.