Recensione del film Taxi Driver, capolavoro di Martin Scorsese in HomeVideo per il  40° anniversario

La cover del Bluray Disc di Taxi Driver

La cover del Bluray Disc di Taxi Driver

È pressoché impossibile rinchiudere in qualche riga la sconfinata eredità e l’inestimabile lascito di un film come Taxi Driver: è il 1976 quando il regista Martin Scorsese, quotazioni in ascesa grazie al violento dramma Mean Streets (’73), porta sul grande schermo la spirale psicotica e solitaria del tassista notturno newyorkese Travis Bickle (Robert De Niro, anch’egli in Mean Streets e fresco di Il Padrino Parte Seconda).

Travis, veterano di guerra, è figlio e vittima sacrificale di una New York City decadente e corrotta, che trasuda vizi e soffoca virtù, illuminata dalle luci del traffico, dei grattacieli e delle insegne dei cinema a luci rosse.
Il suo taxi giallo è un lento traghettatore di anime perdute, nelle ore più buie e peccaminose degli animi della metropoli, porta prepotentemente agli occhi dell’autista la feccia, la perdizione e le ossessioni del prossimo.
Un logorio quotidiano, insonne e narcotizzato che abbatte ora dopo ora lo spirito di Travis, frustrato ed oltraggiato dalla deriva sociale, dal rifiuto della donna di cui è innamorato, dalle vacue promesse populiste del politico del momento. E da un oceano di solitudine.

Nel guscio di una delle New York più cupe, sudicie ed emarginanti che il cinema abbia regalato, la trasfigurazione del Travis di De Niro è un trauma portentoso, la sua deriva una violenta ribellione con un biglietto non necessariamente di sola andata.
In poche sequenze, tutte certificate “cult” dalla Storia, Scorsese (che adatta lo script di Paul Schrader) e De Niro confezionano il più grande ritratto di emarginazione, disfunzione sociale ed anti(?)eroismo degli U.S.A. post-Vietnam.

Dal tormentone “You talking to me?” agli occhiali scuri da aviatore, dagli applausi allucinati al convegno del futuro presidente Palantine al brutale taglio mohawk, ogni dettaglio del personaggio di Bob De Niro è diventato leggenda, un personaggio tanto instabile quanto affascinante, brutale eppur con una propria, inflessibile morale.
Travis Bickle è un’icona di rara ambiguità del cinema moderno, che nella sua metamorfosi sociopatica porta con sé il tremendo monito: in una società fagocitante, nell’ineluttabile decadenza quotidiana, ecco quello che potrebbe succedere ad un semplice ed insospettabile individuo come te.

Robert De Niro in una scena di Taxi Driver - Photo: courtesy of Universal Pictures Home Entertainment Italia

Robert De Niro in una scena di Taxi Driver – Photo: courtesy of Universal Pictures Home Entertainment Italia

Scorsese conferma un’ineguagliabile sensibilità nel raccontare, dopo Mean Streets, i vicoli bui, gli appartamenti degradati, i boulevard e la disparata criminalità della NY anni settanta. La denuncia è sociale, non personale: i suoi papponi, i suoi pistoleri, lavoratori più o meno legali, sono semplicemente esiti diversi della sopravvivenza e del comune arrangiarsi.
La regia accompagna maestosamente i fatti, non senza qualche guizzo nevrotico come il protagonista, le musiche di Bernard Herrmann (Quarto Potere, Psycho) cadenzano in una sorta di ipnosi il suo crollo.
Il capolavoro (parola abusatissima, ma non qui) notturno di Scorsese diventa tavola della legge nella ridefinizione di confini psicotici, criminalità de-stereotipata, trappole e zone d’ombra sociopolitiche a cavallo tra Ford e Jimmy Carter, con le cicatrici del Vietnam che bruciano e fanno infezione nel tessuto collettivo e personale.

Per celebrare i quarant’anni dall’uscita di Taxi Driver, ecco l’edizione speciale per l’anniversario di Universal Pictures Home Entertainment Italia: oltre al film in HD, l’home video in uscita a novembre regala una mole mostruosa di extra, distribuiti in due dischi, con ogni possibile approfondimento sulla genesi, la realizzazione e l’impatto della pellicola.
Uno dei contributi più interessanti è sicuramente il Q&A di oltre 40 minuti al Tribeca Film Festival 2016, alla presenza del cast (tra cui il “pimp” Keitel e l’indimenticabile prostituta-lolita Jodie Foster), Scorsese, Schrader e produttori, ricchissimo di retroscena, aneddoti ed un clima quasi commovente di perdurante affiatamento.
Originalissimo anche lo speciale “Real Taxi Driver Stories”, che raccoglie contributi e testimonianze di veri tassisti impiegati nella selvaggia New York dei 70s.
La scorpacciata prosegue con una raffica di special dedicati a produzione, location e luoghi delle riprese, un lungo making of, il passaggio “Dallo Storyboard Al Film” presentato dallo stesso Scorsese, interviste e commenti audio a non finire. Non manca davvero nulla, in un database sconfinato, pienamente all’altezza del titolo.

Luca Zanovello