Ci sono delle volte in cui, vagando per Milano, mi sento un po’ come l’Alice di Lewis Carroll quando arriva nel Paese delle Meraviglie. Cammino con la bocca aperta e il naso all’insù incredula per ciò che vedo. Finisco a Wonderland.

david seidner

Mi è capitato anche questa volta – anche se, a onor del vero, non stavo vagabondando, ma ero indirizzata verso una meta precisa. Un posto che, fra l’altro, già conoscevo: c’ero passata davanti centinaia di volte. Ma il bello di Wonderland è proprio questo, non sai mai cosa ti aspetta. E infatti.

Corso Como, centro della movida milanese. Un bel viale, breve e pieno di locali, che dalla stazione di Garibaldi corre giù, dritto fino a Moscova. La bella, elegante Moscova.

Ammetto che ci ho messo un po’ a trovarlo. Nessun numero civico, nessuna insegna. E quando un luogo pensi di conoscerlo, è ancora più difficile notare un dettaglio, qualcosa che non hai mai visto prima. Forse è l’orgoglio a renderci ciechi: per vedere devi confessare a te stessa che quel qualcosa ti è sempre sfuggito, di non essere mai stata abbastanza attenta.

Ma comunque. Corso Como, il numero 10. Non so se qualcuno di voi c’è mai stato. Beh, nel caso, rimediate: il posto merita davvero una visita.

 

Mi infilo nell’ingresso e scivolo tra due belle paratie sfalsate in vetro colorato, d’uno stile art nouveau che deve molto all’influsso nipponico. Davanti agli occhi mi si apre il Mondo dei Sogni: un piccolo paradiso verde con piante rampicanti, fiori, bei gazebo curati a coprire le verande di legno piene di tavolini e gente che fa colazione. Mi guardo intorno, cerco il Bianconiglio.

In fondo al cortile salgo una scalinata bianca, sulla sinistra. Una targa in metallo mi sussurra che sono arrivata: Galleria Carla Sozzani.

Le mostre fotografiche mi hanno sempre affascinato – un po’ tutta l’arte a dire il vero. So di non dire nulla di originale, ma nella bella fotografia c’è quella capacità di giocare con il tempo che insieme attrae e porta a riflettere. La fotografia cattura il reale, viene scattata da un occhio che osserva e sceglie un aspetto del mondo. E lo afferra, lo stringe tra le mani. Te lo mostra, con più o meno delicatezza, come un bambino che ha catturato un uccellino e cerca di non fargli male, ma non vuole farlo scappare. E l’uccellino si muove, si divincola perché non è la sua natura quella dell’immobilita. È abituato a volare.

 

È questa la sensazione che provo davanti alla fotografia di David Seidner. Immagini in frammento, occhi, bocche, mani, pieghe di un vestito che scivola femminile sul corpo. Il mio sguardo che si muove a ricomporre il soggetto, come in un ricordo, che cogliamo sotto vari aspetti, da diverse prospettive. Non è forse questa la vera anima del tempo? La sua indefinitezza, la sua inafferrabilità completa, totale. Un ricordo è fuggevole, eppure è lì, presente – vivo.

Ecco, la vita. È la vita che anima la buona fotografia. La vita del mondo che sembra soltanto strappato dal tempo, sviluppato, imprigionato nella cornice di un’immagine fissa. In realtà è come per quei quadri appesi alle pareti di Hogwarts: contenuti mobili, coscienti, che respirano, parlano, sentono. Che vivono il tempo. Solo un tempo diverso, quello reso immortale dentro al ricordo – o alla favola.

Quelli di Seidner sono scatti di moda, foto d’autore animate dal tempo del sogno. E passeggiare tra le inquadrature equilibrate, tra i puzzle pensati, calibrati, resi raffinati, profumati da un obbiettivo capace, non toglie nulla a quella vaga sensazione di muoversi tra le stanze di un palazzo della memoria.
D’altra parte – come stupirsi? – siamo a Wonderland.

Federical Musto 

 

INFORMAZIONI UTILI

David Seidner

Galleria Carla Sozzani

Corso Como, 10

Fino al 13 novembre 2016