di Federica Musto 

Budapest è una città da assaggiare a quattro chilometri all’ora, metro dopo metro. Scarpe comode, naso per aria, possibilmente un amico che ti avverta quando c’è un gradino, che ti salvi da un continuo inciampare. Paprika, architettura, una lingua incomprensibile. Budapest è una città variopinta, sfaccettata. Profumi, culture, stili diversi. Devi cercare, ma qualunque siano i tuoi gusti puoi stare certo che troverai quell’angolino perfetto per te. Una perla.

Domenikos Theotokopoulos detto El Greco (Candia 1541 - Toledo 1614) San Giacomo minore 1585-1590 ca. Olio su tela, 49,5x42,5 cm ©Museum of Fine Arts, Budapest 2015

Domenikos Theotokopoulos detto El Greco
(Candia 1541 – Toledo 1614)
San Giacomo minore
1585-1590 ca.
Olio su tela, 49,5×42,5 cm
©Museum of Fine Arts, Budapest 2015

Andare alla mostra di Palazzo Reale mi ha fatto riassaporare l’atmosfera della visita ungherese. L’esposizione si intitola Da Raffaello a Schiele ed è una selezione di opere del Museo delle Belle Arti di Budapest. Percorso tradizionale molto semplice: otto sale ordinate in senso cronologico che espongono una piccola sintesi della collezione del museo. Una carrellata di capolavori, custoditi in sale anguste e ovattate come pietre preziose nel velluto. Si parte con un disegno di Leonardo del 1503 e si arriva a un acquarello di Schiele del 1915. Cinque secoli di arte, pittori, stili. Chiaramente ce n’è per tutti i gusti. Ma la cosa sorprendente è che in quella che rischia di essere una tradizionale passeggiata tra opere già note – opere tanto differenti fra loro che basterebbe un passettino in più per far cader tutti in un enorme minestrone – si rivela invece un’accattivante caccia al tesoro. Custoditi come perle, dicevamo, alcuni quadri perle lo sono davvero. E tra un Tintoretto, un Tiziano e un Veronese, un po’ in disparte scorgi quel San Giacomo Minore che El Greco ha dipinto a cavallo tra XVI e XVII secolo, una tela non troppo grande, dai colori accesi. Olio carnoso, penetrante, viscerale. Ha il sapore corposo di un buon Cannonau di Sardegna. Gli stessi caldi colori, lo stesso profumo profondo.

Lucas Cranach Il Vecchio (Kronach 1472 c a. - Weimar 1553) Salomè con la testa di San Giovanni Battista 1526-1530 ca. Olio su tavola, cm 88,4x58,3 ©Museum of Fine Arts, Budapest 2015

Lucas Cranach Il Vecchio
(Kronach 1472 c a. – Weimar 1553)
Salomè con la testa di San Giovanni
Battista
1526-1530 ca.
Olio su tavola, cm 88,4×58,3
©Museum of Fine Arts, Budapest 2015

Cambi sala e ti ritrovi in faccia a una Salomè in vesti da cortigiana. L’ha dipinta Lukas Cranach il vecchio nel 1530, ma tu non puoi fare a meno di sentirti di fronte ad un fumetto che strizza l’occhio a Botero. La testa grande, i colori freschi, l’aria arzilla, furbetta. Come di una bambina beccata a infilare il dito nella marmellata. Quasi ti stupisci che sul vassoio, al posto delle fette di pane, ci sia una testa mozzata.

Ma come ho detto, di pane ce n’è per tutti i denti. E io ho trovato l’ambrosia nella penultima sala, dedicata al Simbolismo. Premetto: non è una delle correnti che prediligo. Preferisco la bellezza all’inquietudine. Ma come ha magistralmente spiegato Didi-Huberman, in alcune immagini «cose eterogenee, se non nemiche tra loro, sono agitate insieme: mai sintetizzabili, ma impossibili da districare le une dalle altre»[1]. È questo il fascino che certe immagini esercitano. Ci stregano, semplicemente. Ci catturano, ci ammutoliscono. E poi arriva: la consapevolezza. La consapevolezza di averla trovata – o forse di essere stata trovata.

Joszef Rippl-Ronai, Donna con gabbia di uccelli, 1898. Un fantasma dal volto pallido, vitreo, impalpabile. Bellissimo. Risplende in una tela alta dai toni cupi, buia e opprimente. Nelle mani una gabbia vivace con un uccellino giallo. Lei è assorta, indifferente, lontana. Morbida come il sottile nastro di fumo inebriante emanato da un incenso acceso.

È lei. La perla nascosta di Budapest.

Da Raffaello a Schiele_allestimento_courtesy of ufficio stampa

Photo: courtesy of ufficio stampa

 

INFORMAZIONI

Da Raffaello a Schiele.

Palazzo Reale, Milano

Fino al 7 febbraio 2016

www.daraffaelloaschiele.it

 

[1] Didi-Huberman, L’immagine insepolta, Aby Warburg, la memoria dei fantasmi e la storia dell’arte (2002), Bollati Boringhieri Editore, Torino 2006, p. 187