Ricetta: unire uno dei passatempi più antichi del mondo con la moderna funzionalità di una tecnologica macchina fotografica di ultima generazione. Mescolare vigorosamente ed attendere. Otterrete qualcosa di molto vicino alla poesia.

Prima che vi convinciate che quest’oggi io abbia iniziato la giornata pasteggiando a Terrano e Picolit, vado a spiegarmi.

Da sempre, l’uomo guarda il cielo. Di notte, spesso, alla ricerca di figure o segni geometrici, alla ricerca di quelle che chiamiamo costellazioni. Di giorno, se il clima è favorevole, l’occupazione diventa quella di trovare delle somiglianze fra la forma assunta dai cumulonembi e animali, oggetti comuni, simboli.

Chi di voi non ha mai passato un pomeriggio disteso sull’erba a dare forma alle proprie fantasie preparata nel cielo da una Mano sapiente?

Ed è qui, in questa abitudine millenaria, che si innesta il meccanismo tecnologico di cui parlavo a inizio post: tutte le più moderne fotocamere digitali hanno una funziona che aiuta a mettere perfettamente a fuoco e ad esporre correttamente i volti delle persone ritratte presenti all’interno dell’inquadratura. Viene pomposamente definita “Face Detection”, e deriva dai software di riconoscimento facciale utilizzati in ambito investigativo o, per portare un esempio più vicino alla nostra realtà, da Google per “sfumare” i profili delle persone inquadrate dalle fotocamere di Maps Street View ed evitare che una moglie riconosca il marito a braccetto in riva al mare con la segretaria.

E’ una di quelle funzionalità che, come tutti gli automatismi, è piuttosto criticata dai fotografi per almeno un paio di motivi: da una parte causa un evidente appiattimento delle capacità fotografiche, dall’altra impedisce di provare a sfruttare la creatività con – ad esempio – degli sfumati volontari.

Ebbene, i coreani Shin Seung Back e Kim Yong Hun hanno creato una vera e propria mostra di fotografie di nuvole rassomiglianti a volti “catturate” da una fotocamera dotata di face detection: non è quindi il solo cervello umano ad essere “ingannato”, attribuendo una interpretazione legata ai propri vissuti, ma persino i software delle moderne fotocamere digitali!

A me questa cosa sembra bellissima. Le nuvole, si sa:

"Certe volte sono bianche 
e corrono 
e prendono la forma dell'airone 
o della pecora 
o di qualche altra bestia 
ma questo lo vedono meglio i bambini 
che giocano a corrergli dietro per tanti metri"
(Fabrizio De Andrè, Le Nuvole)

ma evidentemente anche gli obiettivi delle nostre macchine fotografiche saranno in grado di inseguirle per chilometri.