Ho un nome bizzarro altrimenti, l’avrete oramai capito, mi firmerei per esteso grazie all’anonimato che concede il condividere un nome proprio con migliaia di altri concittadini. Ad ogni nuovo interlocutore sul volto riesco a leggere sempre la medesima domanda  “perché mai i tuoi genitori hanno deciso di farti vivere con questa croce?” ed in effetti venire spesso ricordati a causa di un nome desueto non ha sempre i suoi vantaggi e il carattere eccentrico ti viene per forza, è la sopravvivenza! Ma tutto sommato non è poi così male, alla fine sei tu che puoi giustificare ogni follia colpevolizzando il patrimonio genetico :-)

La scelta del nome di un bambino è qualcosa che stranamente fa sentire tutti autorizzati ad esprimere la propria opinione (il nascituro ha un sacco di fan che magicamente spariranno una volta venuto alla luce!) ed il teatrino della comunicazione con conseguente serata concitata è impossibile da evitare. Questo lo sa bene l’autore della magnifica pièce “Le Prénom” che riempie i teatri oltre confine e che da oggi è nei nostri cinema. Bernard Murat mette in scena un autentico gioco al massacro nel solito salotto borghese, in una Parigi che mai si vede, ma il cui profumo è nell’aria tutto il tempo.

Vincent, Elisabeth, Pierre e Claude sono amici d’infanzia, sanno tutto gli uni degli altri, sono complici e nonostante siano sulla quarantina adorano incalzare l’altro. Durante le cene in compagnia lo scherzo è sempre dietro l’angolo, quasi scontato quindi che nell’attesa dell’arrivo della moglie di Vincent i presenti prendano di mira il futuro papà con domande legate al bambino. È così che in poche battute, giocosamente, la storia entra nel vivo: all’annuncio del nome scelto i volti uno ad uno si sgretolano e, appena la respirazione torna regolare, nella stanza scoppia il delirio.

Inquadrature serrate, grande prova attoriale di tutti i presenti (espressivi e credibili ai limiti dell’ingannatorio – ti viene il sospetto che attori e personaggi coincidano), ovunque si prova passione e sentimento al punto che, con l’incalzare dell’incessante e sempre più serrato battibecco, ci ritroviamo in mezzo a loro. Pochi minuti e noi siamo in quel salotto a condividere le perplessità del gruppo di amici, a cogitare un possibile suggerimento da dare a Vincent ed a fantasticare su come la guerra verbale si concluderà.

 

In sala l’atmosfera è silenziosa e attenta, sullo schermo l’aria si taglia col coltello, le alleanze cambiano e ogn’uno dei presenti verrà inevitabilmente colpito. A nulla servirà il convivio, anzi sarà solo un detonatore che farà degenerare la situazione portandola alla peggiore delle conclusioni: tutti perderanno qualcosa. Piccole bugie, opinioni leggere, segreti e molto altro emergeranno introducendo nello scontro la componente fisica.

Ammettiamo che a molti sia tornato alla memoria il recente splendido “Carnage” di Roman Polanski, in cui due famiglie s’incontrano per punire gli scalmanati figli ed in poche ore finiscono per mettere in discussione tutto, dal proprio ruolo nella coppia all’io. In comune le due pièce hanno la paternità in terre di Francia e la battaglia verbale senza esclusione di colpi, ma modalità e motivazioni (nonché la psicologia) sono differenti. Sono due film basati su un’opera teatrale, nulla di più.

Le Prènom vi rapirà, vi farà sorridere, scoppiare in fragorose risate e pensare. Nonostante tutto, non è necessario essere genitori per sentirsi coinvolti, basta essere umani. Da vedere! Voto: 8.