Chi frequenta le librerie milanesi sarà forse rimasto sorpreso dalla presenza di due “macchie di colore arancione” sugli scaffali riservati ai libri più venduti. E’ il risultato della scelta cromatica coraggiosa e sicuramente vincente in termini di impatto operata dalla Fratelli Frilli Editori, ma non è naturalmente questo il motivo del successo dei due romanzi di Dario Crapanzano che svettano fra uno Zafon e l’ultimo libro di Gramellini. Per un milanese, o anche per chi abbia natali differenti ma lunga frequentazione del capoluogo lombardo, i gialli che vedono indagare il commissario Mario Arrigoni hanno infatti un fascino quasi irresistibile, complici i due protagonisti della serie.
Il primo è certamente lo stesso commissario, un uomo assolutamente normale – ed il principio di identificazione si compie inesorabilmente – con una famiglia ormai usa agli orari e alle ombrosità derivanti dal suo lavoro, il carattere deciso di chi crede nella giustizia e vuole vederci chiaro anche quando tutte le evidenze sembrano portare ad una rapida archiviazione. Soprattutto una persona umile, perfettamente inserita nel contesto socio-economico di una Italia degli Anni Cinquanta che sta faticosamente uscendo dalle miserie dell’immediato dopoguerra: poche e oculate uscite, messa domenicale, qualche sforzo per accontentare una volta alla settimana i tipici desideri di divertimento della prole ed un piatto preferito pomposamente definito “carne e patate” che non ci si può certo permettere tutte le sere. All’acume investigativo si unisce dunque nel commissario Arrigoni una dignità umana ben distante dalle ricche opulenze di certi investigatori o dalla personalità borderline di altre figure chiave del noir internazionale, ed è un tratto distintivo che lo avvicina moltissimo al lettore.
Seconda protagonista è la città di Milano: la forza dei romanzi di Crapanzano risiede senza alcun dubbio nella capacità di tracciare un quadro perfetto di quanto potesse accadere all’ombra della Madonnina in un periodo di grandi cambiamenti. Per chi abbia vissuto o si stia godendo Milano ai giorni nostri, la curiosità verso grandi e piccoli ricordi è certamente altissima (“ma dai! C’era un cinema in Piazza Argentina!”), e la tentazione di percorrere vie già conosciute con sguardo ri-formattato dalla lettura è quasi irresistibile. A supporto di uno sfondo così attentamente disegnato, fra case di ringhiera e motorini faticosamente comprati a rate, si muovono una serie di personaggi che non è difficile inserire in quel contesto: dalla portinaia chiacchierona e conscia di tutto alla donna in via di emancipazione che fa scandalo nel quartiere, dal lavoratore immigrato in cerca di fortuna al negoziante a cui sono note tutte le dinamiche degli abitanti delle vie limitrofe.
Con il gusto un po’ retro di un liquore fatto in casa e trame delicate disegnate senza esagerazioni nonostante i delitti su cui poggiano le strutture narrative, il commissario Arrigoni accompagna in un “viaggio in due tappe” nel tempo e nella storia che vale davvero la pena compiere.
Dici Alfonso e pensi alla sua amata Triestina, alla sua biblioteca (rigorosamente ordinata per case editrici) che cresce a vista d’occhio, alla Moleskine rossa sempre in mano e alla adorata Nikon con la quale cattura scorci di quotidianità, possibilmente tenendo il corpo macchina in bizzarre posizioni, che vengono premiati ma non pensiate di venirlo a sapere. Se non vi risponde al telefono probabilmente ha avuto uno dei tanti imprevisti che riuscirà a tramutare in un esilarante racconto di “Viva la sfiga!”. Perché lui ha ironia da vendere ed un vocabolario che va controcorrente in questo mondo dominato dagli sms e dagli acronimi indecifrabili. Decisamente il più polivalente di tutti noi dato che è… il nostro (e non solo) Blogger senior che con il suo alfonso76.com ha fatto entrare la blog-o-sfera nella nostra quotidianità.