krieger bob milano palazzo reale

Umberto Eco insegna, in quello che gli adoratori chiamano confidenzialmente “il Pendolo”, che da un sistema di divieti si capisce perfettamente che cosa combini la gente. Nel romanzo, la regola è applicata alla storia dei Templari, ma vale senza modifiche anche oggi: chi appenderebbe la targhetta “Vietato fumare” in un ascensore, se qualcuno non avesse avuto la bella idea di aspirare nicotina in quei due metri quadrati?

Dopo la visita alla mostra di Bob Krieger, ospitata a Palazzo Reale di Milano fino al prossimo 11 settembre, sono pronto a divulgare una nuova massima generale: la qualità di una esposizione si misura anche dedicando una decina di minuti ai commenti vergati dai visitatori sul “Libro degli ospiti” posizionato al termine del percorso espositivo stesso.

Non può certamente essere un caso: mentre ci aggiravamo tra le opere esposte in occasione di “Krgr. Bob Krieger. Ricordi tra fotografia e arte”, abbiamo colto una nettissima separazione nei gusti del pubblico, a cui non posso dire di essermi sottratto: tanto intensi e fotograficamente stimolanti i ritratti (espressione in cui senza alcun dubbio Krieger regala il meglio), quanto capaci di provocare perplessità le tele, in cui l’artista combina sue immagini e materiali differenti, con l’intento di creare (cito da una intervista) “un’aggiunta dell’anima alla stampa fotografica”.

Sarò un vecchio conservatore od un ingenuo romantico, ma confesserò di aver percepito decisamente più “anima” nei ritratti in bianco e nero che hanno costellato la carriera del Bob Krieger fotografo: la sala più grande in cui è ospitata la mostra, in cui vengono esposti decine di intensissimi primi piani, vale da sola la visita. Per chi si diletta di fotografia è immancabile infatti l’invidia verso la capacità di raffigurare in un unico scatto, spesso senza l’aiuto del colore, storia e personalità del personaggio: un Indro Montanelli davanti a cui sostare alcuni minuti, un primo piano di un Roberto Baggio quasi spirituale e gli ultimi ritratti di Gianni Agnelli mi son rimasti a lungo negli occhi.

 

Indro Montanelli bob krieger

(c) Bob Krieger

In un contesto simile, come si fa a non concordare con chi – nel Libro degli Ospiti – lamentava la vistosa assenza di didascalie, costringendo i visitatori a serrate sessioni di “Indovina Chi?” (“hai i baffi? no, è una donna, no, è Bill Gates!). E, soprattutto, come non sostenere chi ha scritto sulle stesse pagine che la fotografia è emozione anche senza cornici dorate e pioggia di asfalto sulle stampe?

 

Informazioni:
Krgr. Bob Krieger. Ricordi tra fotografia e arte
c/o Palazzo Reale, Milano
fino all’11 settembre 2011
Ingresso gratuito