Quando durante una trasferta oltreconfine rimani totalmente rapita da una mostra poiché va ben oltre la cartella stampa e le personali aspettative; se nelle tre ore di passeggiata in compagnia dell’autore scopri che la maggior parte delle immagini appartengono alla Fondazione Marconi che ha sede nella tua città; e poco dopo scopri che qualche illuminato organizza, in concomitanza con il rientro “a casa” delle opere, una esposizione di 50 scatti tutti dedicati alla musa definitiva di Man Ray; ma soprattutto quando leggi nella relativa cartella stampa che avrai la rara occasione di vedere le “cinquanta versioni di Juliet”, ossia ben 50 fotografie, scattate tra il 1941 ed il 1955, dedicate alla modella nonché ultima moglie di Man Ray, quindi avrai la possibilità di rimanere a tu per tu con la donna che ammaliò ed ispirò l’artista per il resto della propria vita, credo sia normale provare una agitazione simile a quella dei bambini in pasticceria
A malincuore racconto quindi ciò che mi è accaduto qualche giorno fa: credo di aver battuto il mio record personale (negativo) di permanenza in uno spazio espositivo, dai 5 ai 7 minuti al massimo! Vale a dire il tempo necessario per riprendermi dallo smarrimento che mi ha assalito una volta varcata la soglia della galleria d’arte. Pensare che ero armata delle migliori intenzioni – e le motivazioni sono facili da intuire
Credo mi sia concesso domandare quante persone abbiano v e r a m e n t e visto l’esposizione di Milano e chiedere se possano cortesemente spiegarmi i motivi sottostanti i loro (spesso) davvero entusiasti trafiletti che ricolmano il cyberspazio, perché a me pare impossibile non rimanere perplessi se non addirittura sconcertati!
Prescindendo infatti dalla metratura a disposizione (a dir poco esigua) e dall’accoglienza (una voce il cui volto era celato da una porta socchiusa dal cui spiraglio si intravedeva solo lo schermo di un computer) ho il sincero dubbio di aver preso un abbaglio. Sono proprio l’unica che alle pareti, nonostante non sia il 23 luglio (ossia il giorno seguente la chiusura della mostra temporanea), non ha visto Juliet bensì alcuni (ad occhio, direi una trentina) degli scatti esposti a Villa Malpensata di Lugano? Che vi siano ben due via Tadino a Milano e in entrambe vi abbia sede la Fondazione Marconi? Oppure sono stata così sfortunata d’arrivare dopo l’acquisto “a tappeto” di tutte le fotografie per mano di tanto facoltosi quanto misteriosi mercanti d’arte, casualmente in città dal 9 giugno ad oggi? Insomma qualcuno mi dice, in cosa abbia sbagliato? Un errore ci deve essere! Ma soprattutto, dov’è Juliet?
Per risolvere questo mistero mi appello a voi internauti, perché a me piacerebbe davvero tanto vedere la donna dagli occhi di fauno.
Ennio Flaiano amava ricordare che “Il cinema è l’unica forma d’arte nella quale le opere si muovono e lo spettatore rimane immobile.”, ed è Vissia ad accompagnarci con passione e sensibilità nelle mille sfaccettature di un’arte in movimento. Ma non solo. Una guida tout court, competente e preparata, amante della bellezza, che scrive con il cuore e trasforma le emozioni in parole. Dal cinema alla pittura, con un occhio vigile per il teatro e la letteratura, V. ci costringe, piacevolmente, a correre per ammirare un’ottima pellicola o una mostra imperdibile, uno spettacolo brillante o un buon libro. Lasciarsi trasportare nelle sue recensioni è davvero facile, perdersi una proiezione da lei consigliata dovrebbe essere proibito dal codice penale. Se qualcuno le chiede: ma tu da che parte stai? La sua risposta è una sola: “io sto con Spok, adoro l’Enterprise e sono fan di Star Trek”