Prima domanda: perché visitare una mostra d’architettura? Si potrebbe pensare che tali esposizioni siano appannaggio esclusivo degli addetti ai lavori. Disegni di progetti, modellini: bisogna saperli leggere, avere competenze specifiche per poterli capire, o apprezzare.

Eppure, ho scoperto che una mostra d’architettura può essere assai interessante, anche per gli occhi di un “profano”. Per chi, come me, ama semplicemente gironzolare per le città con il naso all’insù, osservare palazzi, abitazioni, grandi realizzazioni architettoniche e apprezzare la rifinitura di una finestra, la linea armoniosa di un balconcino. Per chi sviluppa un gusto dall’esterno, da semplice spettatore, senza saperne nulla – o poco – di come quella finestra o quel balcone debbano essere progettati e poi costruiti. Visitare una mostra d’architettura per un profano significa: seguire lo sviluppo di un’idea. Vedere, scoprire, cosa c’è prima, come si è arrivati alla realizzazione di quell’oggetto, edificio, strada, piazza.

Ed è un’emozione.

La mostra Il territorio dell’architettura - Stadio della città di Roma, Gregotti e Associati, 1987. © Federica Musto

Il territorio dell’architettura – Stadio della città di Roma, Gregotti e Associati, 1987.
© Federica Musto

Passeggiando tra i progetti a matita, tra i disegni a colori, tra i modellini in legno e le fotografie delle opere realizzate dallo studio Gregotti e Associati – cui è dedicata la prima delle mostre sull’arte dell’architettura al PAC di Milano, Il territorio dell’architettura – ho potuto immaginare l’iter che intercorre tra la nascita di un progetto che zampilla lì, nella mente di uno due una manciata di uomini, e l’inaugurazione di un edificio, una strada, una piazza reale e camminabile. Abitabile. Tra un’idea e un’opera concreta. In tutta la sua bellezza. Qualche cosa di pienamente, essenzialmente umano: ossia concepito, elaborato e costruito da e per le persone. Emozione.

Perché nei miei occhi da profana è proprio questo lo spirito essenziale e primigenio, nonché il vero fascino dell’architettura. Prima dell’estetica, prima della funzionalità, prima anche della novità più o meno tecnologia e dell’avanguardia: la sua umanità. L’essere fatto a misura d’uomo, per l’uomo. Bellissimo. I professionisti del mestiere usando un parolone per descrivere tutto questo: elaborazione di una nuova, moderna idea di antropogeografia dell’ambiente.

La mostra Il territorio dell’architettura - Gregotti e Associati, Negozio Tadini Lambertenghi, 1955-56, Novara © Federica Musto

Il territorio dell’architettura – Gregotti e Associati, Negozio Tadini Lambertenghi, 1955-56, Novara
© Federica Musto

E poi, se la mostra riguarda uno Studio longevo ed eclettico come quello di Gregotti e Associati, gironzolare in mezzo all’orgoglioso sfoggio delle loro opere significa anche, in qualche modo, compiere il giro del mondo (e un viaggio nel tempo), in meno di un’oretta. Basta un po’ di fantasia.

Si parte dalle primissime opere degli anni ’50, per poi tuffarsi nel caleidoscopico allestimento per la XIII Triennale, passando per le università di Firenze e Palermo degli anni ’70. Negli anni ’80 lo sbarco oltralpe, con i progetti europei delle abitazioni berlinesi, il Centro Culturale di Belém a Lisbona e lo stadio di Barcellona, ma anche la riqualificazione di quel gioiellino che è divenuto il quartiere Bicocca a Milano. Gli anni ’90 vengono invece consacrati alla varie declinazioni dei progetti di disegno urbano: Torino, Roma, qualche città dell’Ucraina. Per poi, negli ultimi decenni, sorvolare l’oceano e arrivare in Africa, in Giappone e in Cina, con la realizzazione della nuova città di Pujiang, nei pressi di Shanghai.

Oltre 800 tra disegni, modelli in scala, riproduzioni e fotografie. Una fucina di idee in opera.

Ma non solo. Peculiarità dello Studio, e volontà specifica di Gregotti in particolare, è stata quella di affiancare all’operatività architettonica un discorso critico che perseguisse un’idea di architettura come pratica sociale e disciplina intellettuale completa. Per questo le numerosissime pubblicazioni prodotte nel corso del tempo: libri, riviste, articoli, lezioni universitarie e conferenze. Nonché la direzione di due tra le più influenti riviste del settore: Casabella e Rassegna.

La mostra Il territorio dell’architettura - Gregotti e Associati, Veduta di un’aula consolidata Veduta del ponte veicolare e pedonale Vedute del sistema di aggancio di un’aula consolidata © Federica Musto

Il territorio dell’architettura – Gregotti e Associati,
Veduta di un’aula consolidata
Veduta del ponte veicolare e pedonale
Vedute del sistema di aggancio di un’aula consolidata
© Federica Musto

Così, dopo tutto il curiosare, il viaggio nello spazio e nel tempo, viene il discorso. Il bello delle conferenze stampa è proprio questo: avere la possibilità di sentire parlare qualcuno che ne sa più di te sull’argomento, o anche solo chi ha un punto di vista diverso. Avere la possibilità di ascoltare lo stesso Gregotti parlare del suo modo di fare e intendere la disciplina. Fare: architettura, disegno urbano, pianificazione territoriale, interni e allestimenti museali, disegno del prodotto industriale, grafica ed editoria; variando i collaboratori, gli stili, ascoltando il mutare dei tempi, delle mode, degli stili di vita. Osservando le persone cambiare nelle azioni, nei bisogni, e adattandosi ad esse. E intendere: rielaborazione critica, articoli, trattati, libri, lezioni e conferenze. Perché l’architettura, per Gregotti, è un modo per modificare, per dare una nova forma al territorio; un territorio inteso però come materiale sia fisico che concettuale.

“Il carattere strutturale della nostra disciplina”, dice Gregotti, “proprio in quanto pratica artistica, è di lavorare dialetticamente con lo stato delle cose come uno dei materiali essenziali del progetto. E poi, quando il sito sarà mutato a causa della presenza della nuova cosa architettonica, quando in futuro le convinzioni saranno altre e persino quando ci si sarà dimenticati della loro funzione nel senso più esteso del termine, la qualità della loro forma sarà la ragione dell’importanza della loro significativa stabilità, pur con diverse interpretazioni”.

Non so come la chiamino i professionisti del mestiere. Io, profana, la chiamo poiesis, creazione. Ed è una parola bellissima.

Federica Musto

Vittorio Gregotti all’inaugurazione della mostra Il territorio dell’architettura © Federica Musto

Vittorio Gregotti all’inaugurazione della mostra Il territorio dell’architettura
© Federica Musto

INFORMAZIONI UTILI
Il territorio dell’architettura. Gregotti e Associati 1953 _ 2017

PAC Milano
Fino all’11 febbraio 2018
www.pacmilano.it

Catalogo a cura di Skira Editore 

Aperture straordinarie durante le festività:
31 dicembre 9.30 – 14.30
1 gennaio 14.30 – 19.30
6 gennaio 9.30 – 19.30