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LA BIBLIOTECA VIAGGIANTE
di Gloriamaria Pizzichemi
Ci sono alcune mattine nelle quali il vagone del trenino che ci consegna al lavoro si trasforma magicamente in una popolosa biblioteca, come se ci si fosse accordati, come se quello fosse il “vagone dedicato ai lettori accaniti”.
Tutti gli altri giorni si intrecciano discorsi, si ride forte, si parla al cellulare, qualcun’altro con le cuffie nelle orecchie batte il tempo di una musica per gli altri solo immaginata. Tra i pochi che hanno trovato posto c’è chi sonnecchia per poter sfruttare da seduti quel tempo che vorrebbe lunghissimo, ma che è fatto solo di mezz’ora: da Ostia a Roma “dal mare alla Piramide” parafrasando il Manzoni, da un odore all’altro, sospesi in quel limbo che ogni viaggio rappresenta, anche il più breve.
Ma certe mattine, dicevo, l’atmosfera riesce ad essere completamente diversa, decine di pagine aperte, decine di teste piegate ognuna immersa in una storia.
Quando il treno, per un semaforo rosso si ferma a porte chiuse sul binario, si riesce a sentire persino lo scricchiolio dei fogli in mano alla ragazza intenta a ripassare gli appunti e diretta all’Università.
C’è chi il libro lo tiene stretto tra le mani, come se dovesse sfuggirgli da un momento all’altro; chi con una mano al sostegno e una sul libro alza gli occhi ogni tanto per vedere dove si trova e chi invece si estranea da tutto e fa immersione di lettura con le due parti del libro quasi socchiuse, che la testa sembra caderci dentro e non ne vuole sapere fino al capolinea.
Libri foderati con la carta di Natale, libri con la copertina rigida, libri importanti, libri rovinati, maneggiati, ingialliti, appena comprati.
Qualcuno mette gli occhi sulla prima pagina, ne valuta il peso, conta le pagine che lo separano dall’epilogo. Qualcun’altro mentre legge non può trattenersi dal sorridere. Chi ha un piglio serio, quasi per prendere posizione, mentre legge un saggio; chi sottolinea quasi tutto il testo di diritto privato; chi più distrattamente, con gli occhi al finestrino, sta cercando di risolvere un cruciverba.
Chi velocemente fa un orecchio alla pagina per mantenere il segno perché si è accorto troppo tardi che è arrivata la sua fermata e deve scendere.
Mi diverte pensare che l’atteggiamento di ognuno rifletta il libro che sta leggendo.
Convintissima la signora che ha tra le mani “Le madri non sbagliano mai”. Colorata e un po’ eccentrica un’altra sfoglia incuriosita “I fiori di Bach”. Concentrata la ragazza con “L’isola sotto il mare”. Serio con la fronte corrugata l’uomo vicino alla porta del treno mentre sfoglia “L’orda”.
Chi, come me, nostalgica, ha tra le mani dopo troppo tempo, il “Gattopardo”.
E allora mentre leggo: “Novembre 1862. La principessa Maria Stella salì in carrozza, sedette sul raso azzurro dei cuscini, raccolse il più possibile intorno a sé le fruscianti pieghe della veste” mi piace immaginare di stare seduta su quella carrozza accomodata su morbidi cuscini. Poi, qualche frase sbirciata si intreccia con quelle del mio libro, e il mio sguardo cade sul testo della signora seduta accanto a me: “…il carattere è la sintesi dei meccanismi di adattamento all’ambiente… “ e ancora “… ogni individuo è un mondo…” e penso che questa è una asserzione molto bella, fa sentire bene solo a pronunciarla.
E tutto si mescola, tutto diventa per pochi momenti una mente unica, una mente universale, fino al momento in cui il treno rallenta la corsa e comincia la frenata sui binari.
I libri si chiudono, i più pesanti con un tonfo, qualcuno buttato distrattamente nella borsa, qualcuno resta in mano al proprietario che lo porta in braccio come un bambino.
I fogli sottolineati vengono riposti nella cartellina, la penna infilata nelle pagine del cruciverba.
Il treno è fermo, le persone appena scese si affrettano, si mescolano, corrono, si incrociano, si dividono, come le parole, come le frasi dei libri, ognuno con la propria storia. L’incantesimo è rotto, la magia svanita, fino al prossimo incontro nel “vagone dei lettori accaniti”.
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