Recensione di Megalopolis, il nuovo film di Francis Ford Coppola solo al cinema dal 16 ottobre 2024!
SCHEDA DEL FILM
REGIA: Francis Ford Coppola
CAST: Adam Driver, Giancarlo Esposito, Nathalie Emmanuel, Aubrey Plaza, Shia LaBeouf
DURATA: 138 minuti
DATA DI USCITA: mercoledì 16 ottobre 2024
DISTRIBUZIONE: Eagle Pictures
RECENSIONE
Nella megalopoli di New Rome, Cesar Catilina, un artista capace di fermare il tempo, lotta contro il sindaco ultraconservatore Franklin Cicerone, che difende un sistema corrotto. Mentre Cesar cerca di ispirare un futuro utopico, la figlia di Cicerone, Julia, innamorata di lui, si trova divisa tra la lealtà verso il padre e la visione di un cambiamento. La sua scelta determinerà il destino della città, portando alla luce il vero significato di speranza e umanità in un mondo morente.
L’ultima fatica di Francis Ford Coppola, uno dei registi che maggiormente ha rivoluzionato il cinema, in particolare quello degli anni ’70, è un’opera sorprendente, caotica, potentissima.
In questi primi giorni di uscita al cinema Megalopolis ha collezionato una nutrita folla di detrattori: il film è stato aspramente criticato, che sia stato frainteso, non capito, o addirittura disprezzato e ridicolizzato non ha alcuna importanza. Ciò che è importante è che non è piaciuto, è stato tacciato di essere troppo complesso, troppo ambizioso, troppo confuso, troppo lento, troppo filosofico. E non è che criticare questo film sia illegale perché Francis Ford Coppola ha alle spalle una carriera che vanta titoli del calibro de Il Padrino o Apocalypse Now, ci sono stati diversi casi in cui registi celebri e di tutto rispetto hanno sbagliato un film in età avanzata o anche a metà carriera. Sarebbe ipocrita e disonesto, giudicare un film dalla carriera del suo regista.
Il problema infatti non è questo. Credo che il problema abbia a che fare con il fatto che Magalopolis sia stato preso più come un esercizio di stile che come un film, più come un’opera intellettuale che emotiva, tacciato di essere lo sterile risultato di una ingenuità senile.
Sterile. Come potrebbe un desiderio finalmente realizzato dopo anni di incubazione essere sterile? È letteralmente impossibile, sarebbe un paradosso, qualcosa che non può esistere e non può neanche essere concepito. Perché Megalopolis è un film che Coppola si è portato dietro e dentro per tantissimo tempo e che alla fine ha deciso di fare contro tutto e contro tutti. E questa cosa si vede, in ogni frame, in ogni suono. Ecco perché forse questo film è piaciuto a pochi, perché per forza di cose è un film strano, davvero strano.
Un film diverso. Diverso per una marea di ragioni. Intanto è un film anti-narrativo, un film faticoso, complesso, stratificato, che chiede una costante attenzione allo spettatore che ormai non ha più voglia di essere rapito per due ore da una storia in cui non trova niente per immedesimarsi. Ma perché la maggior parte delle persone non si immedesima in un film così? Megalopolis è strano perché ha una forma strana, più che un film sembra un collage di immagini, fra split screen, scene sovrapposte, un tappeto sonoro costante, chiacchiericci e applausi e commenti costanti, dialoghi con volumi bassi che spaziano da Shakespeare, Ovidio, Platone, personaggi che richiamano e trasfigurano figure realmente esistite.
In questo film si parla di potere, di alienazione, di progresso tecnologico, ma è un’utopia o una distopia? Tremendamente attuale e a tratti inquietante sembra dirci che le rivoluzioni dal basso non sono più possibili, o forse non adesso, non così, perché l’idea del regista c’è e si vede tutta e non è certo questa.
Tutt’altro. Però non c’è democrazia se non c’è intelligenza, visione, e soprattutto purezza. Cesar Catalina, il protagonista ancora una volta magistralmente interpretato da Adam Driver, è un puro, un visionario, un mago.
Egli può fermare il tempo, egli si interroga sulle questioni importanti e filosofiche del vivere, si domanda “Se è la nostra mente a creare gli dei, allora perché non utilizzarne direttamente il potere?” I suoi pensieri a volte si cristallizzano in un loop in cui ci sono domande ma non risposte.
C’è anche Goethe in qualche modo, lui che più di tutti aveva scritto di quel bisogno di fermare il tempo per godersi l’attimo, per viverlo davvero, fermo nella sua bellezza.
E ovviamente c’è Il padrino, c’è tantissimo di Metropolis, c’è anche Blade Runner, Hitchcock, Orson Welles e su tutti, qui c’è Shakespeare, il più grande narratore di tutti i tempi.
E così con qualche stranissima magia che solo i grandi artisti sanno fare, la New York del futuro diventa la Roma del passato e non solo l’idea è mirabolante ma il risultato è anche credibile: come spettatori veniamo catapultati in una sorta di mondo parallelo sospeso fra passato e futuro, a metà fra una tragedia di Shakespeare e un’opera di Seneca e al contempo però siamo in un futuro dove esiste un materiale sostenibile e pieno di incredibili doti, il Megalon, ideato e creato da un geniale architetto che vuole fare del bene, migliorando la società in cui vive.
Eppure se riusciamo a immergerci in questo stranissimo mondo antico ma all’avanguardia sarà come sognare, sì, come quando fai uno strano sogno dove non sai bene dove ti trovi e neanche in che epoca, però la storia che stai vivendo è bellissima e quindi smetti di farti domande.
E poi c’è una storia d’amore un po’ tragica e un po’ leggera, perché come tutto in questo film, anche questo amore non si lascia definire ma si lascia guardare e fa sognare. Stupenda la scena in cui i due innamorati si scambiano il primo bacio sospesi in aria, una sequenza che celebra non solo l’amore ma anche il cinema, ricordandoci un’altra celebre scena di bacio, quella de L’infanzia di Ivan di Andrej Tarkovskij, impossibile non pensarci.
E se ci pensiamo cosa c’è di più trasfigurato di un bacio sospeso in aria? Simboleggia la tensione, la paura di cadere mentre ci innamoriamo (l’inglese lo spiega meglio, to fall in love), il conflitto fra rimanere coi piedi per terra e la voglia di evadere e volare, un bacio sospesi in aria amplifica la connessione emotiva fra i due personaggi, che fin da subito è così intensa, ma il loro in qualche modo è un bacio che non si consuma completamente, come se fosse congelato nel tempo in un desiderio e una tensione troppo potenti. Ecco come fermiamo il tempo, ecco come l’istante sembra diventare eterno, con l’amore. Anche se non consumato completamente, ma solo immaginato, sognato.
In questo momento poetico e visivo c’è una enorme lezione di show don’t tell, perché tutte le riflessioni che il film porta non sono mai esplicite ma sono sempre veicolate dalle immagini.
Megalopolis è una magia visiva, una visione futuristica e lucida che parla della fragilità umana ma anche del suo potenziale, che parla di amore ma anche di autodistruzione, che parla di ambizione ma anche purezza. Un’opera che sfugge e come tutte le cose che sfuggono è impossibile non tornarci con la mente.
Margherita Giusti Hazon
TRAILER UFFICIALE
Laureata in Lettere Moderne, Margherita lavora alla Fondazione Cineteca Italiana, collabora con la rivista Fabrique du Cinéma, ha in corso alcuni progetti come sceneggiatrice e ha pubblicato il suo primo romanzo, CTRL + Z, con la casa editrice L’Erudita.
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