Recensione di How to have sex, il film di Molly Manning Walker solo al cinema dal 1° febbraio 2024.
SCHEDA DEL FILM
REGIA: Molly Manning Walker
CAST: Mia McKenna Bruce, Lara Peake, Samuel Bottomley, Shaun Thomas, Enva Lewis
DURATA: 91 minuti
USCITA: giovedì 1 febbraio 2024
DISTRIBUZIONE: Mubi e Teodora Film
RECENSIONE
Tre adolescenti britanniche vanno in vacanza a Creta per abbandonarsi a un divertimento senza limiti, tra alcool, locali notturni e nuove amicizie. In quella che dovrebbe essere la più bella estate della loro vita scopriranno che sesso, consenso e consapevolezza di sé seguono percorsi più complessi di quanto immaginavano.
È MUBI, insieme a Teodora Film, a distribuire l’esordio alla regia di Molly Manning Walker, ed è raro che la piattaforma streaming sbagli un colpo. Questo doppio debutto – doppio perché anche l’attrice protagonista Mia McKenna Bruce è alla sua opera prima – è un vivido e travolgente affresco del momento più delicato della crescita di una persona, quel limbo fra essere adolescenti ma sentirsi adulti, quel conflitto fra la voglia di indipendenza e la paura di soffrire.
Si sa, quando si è in vacanza si è appunto “vacanti”, come ha raccontato magistralmente un altro film targato MUBI, Aftersun. La vacanza è quel luogo sospeso dove diventiamo quasi altro da noi, la nostra quotidianità ci abbandona per lasciare il posto a una bolla dove tutto è ovattato, nel bene e nel male. Ma non si può fuggire da se stessi, e i problemi se dapprima possono sembrare come sopiti in realtà si stanno solo ingrandendo come una palla di neve che diventa una valanga e alla fine ci sfuggono di mano.
Protagoniste del film tre ragazze non ancora maggiorenni che partono per un’avventura con un obiettivo comune, divertirsi, e un obiettivo singolo: fare in modo che Tara, l’unica ragazza vergine del gruppo, faccia sesso per la prima volta, compia dunque quel rito che in qualche modo secondo loro la farà diventare adulta e liberare da questo peso. Le giornate delle tre ragazze, che ben presto fanno amicizia con i loro vicini di stanza, sono scandite da tutte quelle cose che chi almeno una volta nella vita ha fatto una vera vacanza con gli amici conosce benissimo: drink, discoteche, sguardi, nuove amicizie, amori passeggeri e tanto divertimento e spensieratezza.
Ma è proprio la spensieratezza che a un certo punto uscirà di scena o meglio, uscirà letteralmente dagli occhi di Tara. Al suo posto arriverà la malinconia, il disagio, la delusione, il non sapere cosa fare. Tutto è raccontato senza filtri, la mattina ci si risveglia con il trucco del giorno prima appiccicato al volto e velocemente ci si prepara per un nuovo giro in giostra.
La regista si immerge intensamente nel mondo di queste ragazze ed esplora anche quello interiore, in particolare di Tara, che fra eccessi e insicurezze compirà un viaggio molto duro da cui dovrà trovare la forza di rialzarsi.
Alla ricerca di sé, Tara passa dallo stare nella folla al chiudersi in se stessa ed è il suo sguardo a dettare le sue emozioni, in un’interpretazione davvero degna di nota. Il cambiamento che compie nell’arco del film è palpabile, schiacciata dal conflitto fra la pressione sociale che la opprime e la ricerca della propria identità.
Questo film parla di educazione sessuale e consenso in un momento storico in cui mai questi temi sono stati così attuali e necessari. La regista sposa una prospettiva molto complessa – e rischiosa.
Il film, che ha vinto il premio Un Certain Regard a Cannes 2023, è vivido e preciso, tanto nelle immagini quanto nelle battute di dialogo. È nelle strada sporche e deserte – mentre Tara rientra dalla notte che le ha portato via la spensieratezza – che percepiamo tutto il suo malessere, il suo sentirsi sbagliata, sola, abbandonata. Ma qui non ci sono vittime o carnefici, perché in fondo tutti perdono, tutti sono vittime di un contesto tossico e alla fine l’unica speranza è nella battuta “torniamo a casa”, per mano con le amiche, perché in qualche modo supereremo anche questa. Sta qui l’inquietudine che Molly Manning Walker vuole trasmetterci, il rifiuto di Tara è esplicito e non ci sono dubbi a riguardo, e quella messa in scena è una rappresentazione di una totale “normalizzazione” degli abusi. Non si parla di denuncia, l’accaduto va solo dimenticato.
Le due amiche di Tara rappresentano due modi diversi di affrontare le cose, due facce della società, quella giudicante: l’amica Skye, che con la sua freddezza e cinismo è incapace di guardare al di là del suo naso – accecata dall’invidia e dal continuo confronto con gli altri – e rendersi conto che l’amica ha subito qualcosa di terribile, e l’amica empatica, rappresentata da Em, che percepisce subito che Tara ha bisogno di aiuto. È infatti con lei che Tara riuscirà a confidarsi, che è il primo passo verso la guarigione.
Sarebbe impossibile non notare come gli attori siano anagraficamente più vecchi dei personaggi del film, ma non si può neanche liquidare questa come una scelta sbagliata di casting: se mai, è una scelta fortemente voluta, dovuta al fatto che il tema del film è proprio quello di sentirsi più grandi, più maturi, e pretendere quindi da stessi esperienze e emozioni da “grandi”, senza però avere i giusti strumenti per valutarle.
Rimane lo sguardo malinconico di Tara, di cui nessuno si prende cura se non l’amico Badger che con un’empatia naturale prova a starle vicino anche solo facendole compagnia e facendola ridere. Si sente l’affezione della regista per il personaggio di Tara, perchè pur nella totale solitudine e isolamento in cui sprofonda, è come se avesse sempre un angelo custode, che appunto è la sua “creatrice”, a vegliare su di lei.
Margherita Giusti Hazon
TRAILER UFFICIALE
Laureata in Lettere Moderne, Margherita lavora alla Fondazione Cineteca Italiana, collabora con la rivista Fabrique du Cinéma, ha in corso alcuni progetti come sceneggiatrice e ha pubblicato il suo primo romanzo, CTRL + Z, con la casa editrice L’Erudita.
Scrivi un commento