Recensione de Il Bacio di Klimt, il documentario di Ali Rey che riporta la grande arte al cinema il 30 e 31 gennaio 2024.
SCHEDA DEL FILM
REGIA: Ali Ray
DURATA: 90 minuti
DATA DI USCITA: 30 e 31 gennaio 2024
DISTRIBUTORE: Nexo Digital
RECENSIONE
Anche nel 2024, la grande arte al cinema firmata Nexo Digital continua il suo ambizioso compito: portare sul grande schermo tutta la bellezza, la storia, le forme e i colori dell’ingegno creativo.
Il Bacio di Klimt, il docu-evento nelle migliori sale dal 30 al 31 Gennaio, ripercorre la breve quanto intensa vita del pittore della Secessione viennese, Gustav Klimt, partendo da uno dei quadri più noti e amati mettendo in luce non solo il suo percorso artistico, la tecnica pittorica, lo sguardo antiaccademico ed innovatore ma una visione non comune della donna, ora libera e liberata nel suo moderno erotismo moderno.
La nuova femminilità è al centro delle sue opere, stilizzata con angoli e curve tipiche dello Jugendstil, linee e segni che si ripeteranno all’infinito nelle facciate dei palazzi, nei manufatti artistici dell’Art Nouveau.
Donne che vivono di luce propria, influenzate dall’arte rinascimentale italiana ed esaltate dalla tecnica a mosaico bizantina di Ravenna. Le loro silhouette prendono vita riflessa di lamine oro e argento, i corpi ora nudi, ora sontuosamente vestiti in abiti contemporanei, sono vivida testimonianza della moda e dello stile dell’epoca ma costellati da simboli ed echi d’inconscio della nuova visione freudiana.
Se certi frammenti biografici come il profondo legame tra Klimt e Emilie Flöge, proprietaria di un negozio di alta moda viennese, si ritrovano nello slancio passionale dei ritratti, il suo lavoro è legato a doppio filo alla sua vita bohémien, controcorrente, alla voluttà della carne, alla passione per le sue modelle, al mistero femmineo, all’indissolubile binomio di Eros e Thanatos.
Nei corpi ritratti nel Fregio di Beethoven (1902, Palazzo della Secessione a Vienna) si trovano sfacciati riferimenti sessuali che portano all’apogeo, all’Inno alla Gioia del compositore che Klimt immagina come liberazione dei sensi, unione fisica e spirituale tra l’uomo e la donna.
Se la visione materiale dell’amore continua ad essere il fine ultimo e principio pittorico, in Klimt i ritratti offrono la doppia ombra del suo subconscio, ovvero la paura e l’attrazione per la libertà sessuale femminile del nuovo millennio. Virago dallo sguardo estatico che tiene testa (e la testa) a un uomo (La Giuditta I, 1901, Belvedere), vergine pronta al risveglio dei sensi (La Vergine, 1913, Národní Galerie Praga) figure muliebri di giovani bellissime e cupe senescenti dalle carni appassite ed esposte, simboli della caducità della vita (Le tre età della vita, 1911). Infine il Bacio, l’abbraccio imponente di una figura maschile muscolosa che avviluppa una donna dagli occhi chiusi, forse sedotta dall’amore, forse impaurita e spaventata da una virile aggressività.
Il dualismo klimtiano tra vita e morte, tra amore dell’anima e dei corpi, si fa sempre più ossessione, sublimata in un’arte unica al mondo, quella creata da un pittore che ha reso le sue muse, le sue donne, libere ed immortali.
Il Bacio di Klimt, diretto dalla regista Ali Rey, prodotto da Phil Grabsky con Exhibition on Screen, distribuito da Nexo Digital, è al cinema dal 30 al 31 Gennaio 2024.
Silvia Levanti
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