Recensione del film Il Cielo Brucia di Christian Petzold solo al cinema dal 30 novembre 2023.
SCHEDA DEL FILM
REGIA: Christian Petzold
CAST: Thomas Schubert, Paula Beer, Langston Uibel, Enno Trebs, Matthias Brandt
DURATA: 103 minuti
USCITA: 30 novembre 2023
DISTRIBUZIONE: Wanted Cinema
RECENSIONE
Una piccola casa-vacanze sul mar Baltico. Sono giorni caldi e non piove da settimane. Quattro ragazzi si incontrano, amici vecchi e nuovi. Così come l’arida foresta che li circonda inizia a infuocarsi, così anche i loro sentimenti. Felicità, desiderio e amore, ma anche gelosie, risentimenti e tensioni. Intanto la foresta brucia e presto le fiamme saranno lì.
Il mare brilla, il cielo brucia e la cenere cade. La nuova e sorprendente pellicola di Christian Petzold é un inno all’amore, alla vita che ti accade quando sei distratto o troppo concentrato (che in fondo é la stessa cosa), una sottile e amara denuncia sociale, un affresco di rapporti umani fra spensieratezza e dolore, dialoghi profondi e silenzi, ciò che appare e ciò che è.
Il cielo brucia è il secondo capitolo della trilogia sulla solitudine (il primo era il meraviglioso Undine – Un amore per sempre), presentato in anteprima alla Berlinale 2023, dove ha vinto l’Orso d’argento, e fortunatamente distribuito da Wanted.
La nuova opera di Petzold è tante cose, anche una profonda riflessione sull’arte e sulla sua creazione, sulla frustrazione che si prova quando non si riesce ad accedere ai propri sentimenti e a comunicare con gli altri e soprattutto con se stessi. Petzold è precisissimo nella descrizione dello smarrimento che si prova di fronte alla pagina bianca o a un romanzo incompleto, in quanto artista l’ha sicuramente vissuto in prima persona più di una volta. Leon si priva di tutto in nome di un lavoro che però dovrebbe anzi derivare proprio dalla ricerca e dalla vita vissuta, perché se non vivi di cosa scrivi? La scrittura diventa qui un loop ossessivo dove più cerchi e meno trovi, proprio perché l’esploratore prima di trovare deve perdersi, almeno un po’. Ma Leon non ne ha nessuna intenzione, vuole avere tutto sotto controllo, anche l’ispirazione.
Il film parla dell’amore e dell’amicizia ma queste cose, dal punto di vista di Leon, diventano solo uno sfondo non troppo importante, o comunque in secondo piano rispetto alla dea scrittura.
La rappresentazione dei personaggi è archetipica, ognuno rappresenta un’idea e nessuno si sovrappone all’altro, in una messa in scena delle relazioni quasi surreale: i 4 protagonisti (a cui poi se ne aggiungerà un quinto che romperà definitivamente i già precari equilibri) si trovano quasi forzatamente in una casa, in una sorta di lockdown.
Non è il Covid la minaccia, ma il fuoco, un incendio che a poco a poco circonda sempre di più la casa creando un’atmosfera di chiusura e isolamento in crescendo. I personaggi sembrano far finta di niente, ma alcuni in verità ci vedono benissimo. C’è chi è troppo preso da stesso e dal siparietto da portare avanti per accorgersi della realtà. In questo senso è magistrale la scena in cui Leon rinuncia ad andare con gli altri a fare un bagno in mare perché deve lavorare al suo romanzo, e non appena rischia di essere visto mentre perde tempo invece di scrivere, corre alla sua postazione di lavoro per non essere scoperto, perché è molto più importante apparire uno scrittore che esserlo.
Leon è un’anima in pena, vive in un costante tormento interiore per trovare l’ispirazione ma il risultato sono solo terribili banalità. Riuscirà a scrivere il suo capolavoro solo quando tornerà a guardare veramente la vita e il mondo e le persone che gli scorrono davanti, solo quando vivrà davvero un’ esperienza di vita vera. Perché ormai lo sappiamo, per scrivere bene bisogna scrivere di ciò che si conosce, e prima di allora Leon non conosce davvero niente, è come un bambino che vuole tutto e subito senza averne gli strumenti.
Lo vedremo sorridere solo una volta, alla fine del film: prima la sua vita è solo rabbia e apatia, incapacità di capire l’altro e di interessarsi al prossimo, alla fine del film finalmente qualcosa è cambiato, qualcosa si è mosso perché Leon ha sofferto, si è innamorato, ha capito cosa significhi essere felice per un amico invece di invidiarlo, insomma ha vissuto.
Il cielo brucia non è solo fatto di immagini e parole ma anche di suoni e rumori, rumori della vita quotidiana che noi come spettatori siamo così abituati a sentire tutti i giorni, per questo l’affresco è così denso di realtà: la lavatrice con il suo rumore circolare e costante, i passi con gli zoccoli cadenzati sul pavimento, una bottiglia di vino stappata, qualcuno che cucina.
Impossibile non cogliere la citazione a Shining, opera che affronta le turbolenze – per usare un eufemismo – legate alla creazione di un’opera e al blocco dello scrittore, quando Leon per cercare ispirazione e ammazzare il tempo lancia una pallina da tennis sul muro della casa.
Il cielo brucia è un film in cui ci si addentra lentamente, un po’ come ci si addentra in un bosco (che non per niente è la location della scena iniziale), non è un film di trama, si prende i suoi tempi, si svela poco alla volta, esattamente come i personaggi, in particolare l’unica figura femminile del film (Nadja), affascinante e misteriosa, che a differenza di Leon non sente nessuna necessità di farsi identificare come la letterata quale è e anzi preferisce apparire come una “gelataia” o la “donna delle pulizie”. Appunto, il mistero: perché per scrivere bisogna coltivare il mistero.
Anche in questo sono magistrali gli attori, a partire appunto da Paula Beer, ormai quasi un’attrice feticcio per il regista tedesco, che la scelse già per La donna dello scrittore (2018) e Undine (2020). Petzold ha un modo di riprenderla incredibile, così naturalistico e al contempo magico, riuscendo a renderla una figura eterea, distaccata, irraggiungibile.
A lasciare a bocca aperta é anche Thomas Schubert, che quando legge il copione la prima volta si domanda come farà a far empatizzare il pubblico con il personaggio, così ambiguo, scostante, quasi superficiale, pieno di sé. Ciò invece avviene, proprio grazie a una scrittura e a una recitazione sopraffine.
E se lo scrittore si chiude e non vive, là fuori pullula la vita, ci sono anche anime capaci di buttarsi in amori estivi e magari chissà, anche eterni (Felix e Devid): poetica e struggente l’immagine dei due innamorati morti carbonizzati abbracciati come fossero ritrovamenti negli scavi di Pompei, forse un piccolo messaggio in codice per ricordarci che l’amore è più forte della morte e che è dalla vita vera che bisogna attingere per scrivere qualcosa che arrivi al cuore dei lettori (e degli spettatori).
Il cielo brucia è l’ennesima conferma che Christian Petzold è uno dei narratori più vividi della nostra epoca, capace di realismo e magia insieme, di un cinema politico ma anche di un cinema intimo, e di mettere in scena la precarietà esistenziale come raramente è stato fatto. Con Il cielo brucia continua la sua “enorme collezione di persone non redente”.
Margherita Giusti Hazon
TRAILER UFFICIALE
Laureata in Lettere Moderne, Margherita lavora alla Fondazione Cineteca Italiana, collabora con la rivista Fabrique du Cinéma, ha in corso alcuni progetti come sceneggiatrice e ha pubblicato il suo primo romanzo, CTRL + Z, con la casa editrice L’Erudita.
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