Il giornalista e storico Gianni Del Savio ci racconta la sua “Nina”.
Lei ha già scritto un libro di successo: Nina Simone. Il piano, la voce e l’orgoglio nero. Che cosa l’ha portata a scrivere una nuova biografia?
Da anni sentivo la necessità di approfondire maggiormente la ricerca storica con nuove documentazioni, con lo studio filologico dei suoi testi, introdurre il rapporto con il cinema e gli artisti contemporanei. Ancora oggi, i registi usano le sue canzoni per i loro film e molte cantanti si rivolgono al suo repertorio. Inoltre, sono passati esattamente vent’anni dalla morte di Nina Simone: desideravo renderle omaggio con un lavoro più composito, durato quasi un anno e mezzo.
La biografia è sia un puntuale racconto della sua vita, sia una immersione completa nel periodo storico-politico di riferimento: il movimento per i diritti civili degli afroamericani e la nascita del black power. Il ruolo di Nina è stato più di ispirazione allo spirito del tempo o di vera e propria azione?
Tutte e due le cose, anche se in modi e tempi diversi. Era una donna molto ricettiva, prendeva al volo gli eventi trasformandoli in occasioni. Alcuni episodi drammatici, da dolorose ispirazioni poetiche potevano trasformarsi in vere e proprie dichiarazioni politiche. È il caso di Mississippi Goddamn. Anche i rapporti con amici letterati e militanti come James Baldwin e Lorraine Hansberry regalavano spunti di attualità. È stata una donna di grande complessità, umana e artistica.
La biografia mette in luce comportamenti contrastanti sia con gli affetti, sia con il suo affezionato pubblico, passando da momenti di euforia a rabbie improvvise.
Quando le viene diagnosticato il disturbo bipolare, tale diagnosi diventa sempre più ingombrante con il passare del tempo. Il comportamento si fa più aggressivo mentre il rapporto con gli altri più fragile. Tale stato si ripercuote in ambito lavorativo perché, soprattutto negli ultimi anni di vita, durante una stessa sessione fatica a rendersi conto di ciò che sta facendo e, nel giro di poche ore, tende a cambiare idea, a non ritrovarsi in ciò che ha appena prodotto. Purtroppo, alcune persone ne hanno approfittato isolandola dai vecchi amici. Questo accade spesso, quando ci sono tanti soldi di mezzo.
Ancora oggi, viene paragonata a Billie Holiday. A Nina, però, tale confronto non piace e, verso “Lady Day”, prova un sentimento conflittuale di ammirazione e senso di superiorità.
Il paragone è improprio: sono due artiste grandissime e talentuose ma completamente diverse. È come se paragonassi una velocista (Holiday, n.d.r.) a una decatleta (Simone, n.d.r.).
Per la Holiday, dimostra rispetto come artista ma non come donna afroamericana. Lei si reputata più forte: ama le sue canzoni, su tutte la struggente Strange Fruit ma intravede tratti di debolezza che la inquietano, ad esempio la forte dipendenza dagli uomini. In realtà, il legame malsano con un maschile violento e parassita è anche parte della sua storia ma, soprattutto in giovane età, fatica ad individuare, a prenderne le distanze.
Ama, invece, figure femminili vincenti come Maria Callas. Una vera diva, colta ed elegante, distante per stile e repertorio ma da lei considerata donna e interprete autorevole, ammirata da tutti senza riserve.
Tra le pagine, sembra affiorare nella Simone una ambigua fascinazione per personalità dalla pelle bianca. Ammira Maria Callas, il cognome Simone è un omaggio all’attrice francese Simone Signoret, il primo marito è bianco.
Il conflitto psicologico in lei è molto intenso fin dall’infanzia: dalla bocciatura all’esame per diventare una pianista classica, che lei sente causata solamente per il colore della sua pelle, all’osservare quanto essere nati bianchi sia un privilegio. A lungo rinfaccia alla incolpevole figlia Lisa di non avere la pelle abbastanza scura. Nel suo percorso personale e artistico, la “coscienza nera” più completa le arriva dopo un lungo processo che raggiunge l’apice in Four Women, un inno alla diversità e consapevolezza.
Nella biografia vi è ampio spazio dedicato alle colonne sonore, ai registi che hanno scelto le sue canzoni così come al grande successo mediatico, alla fine degli anni ’80, di My Baby Just Cares For Me.
L’ultimo, in ordine di tempo, è Wim Wenders che, per Perfect Days (2023) ha scelto Feeling Good. Con lo spot del profumo Chanel N.5, diretto da Ridley Scott nel 1987, My Baby Just Cares For Me le regala un nuovo successo e benessere economico grazie alle royalties.
Curiosamente, non è mai stata una delle sue canzoni preferite, è stata messa nell’album come riempitivo. Quando il pubblico ai concerti chiede di cantarla si arrabbia, si rifiuta oppure al suo posto suona Bach. Per lei è l’ennesima frustrazione di essere incasellata, di non essere riconosciuta come una vera musicista, una pianista classica di talento.
Lei ha vissuto intensamente la scena musicale milanese dagli anni ’60 in poi: è mai riuscito a incontrarla in Italia?
Negli anni ’80 a Milano, se non sbaglio al Teatro Orfeo. Sono andato a vedere il concerto come giornalista musicale: con il senno di poi, credo che né io né il pubblico presente ci siamo resi conto della nostra fortuna, di assistere ad un evento storico e di essere al cospetto di un’incredibile artista.
La biografia è molto precisa e dettagliata, ricca di aneddoti: può raccontarci l’episodio che più l’ha colpita?
Ce ne sono molti ma uno, in particolare, mette ancora i brividi. Qualche giorno dopo l’assassinio di Martin Luther King, Nina Simone parla in modo solenne al pubblico durante un suo concerto: “è morto Martin Luther King, è morto il cantante Otis Redding, il poeta Langston Hughes, il sassofonista John Coltrane. Chi ci rimane, ora? chi ci rimane?”
E qualcuno dalla folla, grida: “Nina!”
Lei rimane sbalordita, commossa, sorride e inizia a cantare.
Una canzone o un album che ama particolarmente e che vorrebbe consigliare ai lettori?
Nina Simone and Piano! Uno dei suoi album più sottovalutati. Non ci sono artifici, non ci sono orpelli, c’è solo lei che suona, comunica con le mani, il sentimento e il suo cuore. Impossibile scegliere una sola canzone ma quella che per me più rappresenta la sua forza e la sua debolezza è Don’t Let Me Be Misunderstood.
Un aggettivo per descrivere Nina.
Meravigliosa. Semplicemente, unicamente meravigliosa.
Intervista a cura di Silvia Levanti
ndr QUI la recensione del libro di Gianni Del Savio in libreria con Shake.
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