Recensione de IL SOL DELL’AVVENIRE, il nuovo film di Nanni Moretti solo al cinema dal 20 aprile 2023.
SCHEDA DEL FILM
REGIA: Nanni Moretti
CAST: Nanni Moretti, Margherita Buy, Valentina Romani, Silvio Orlando, Barbora Bobulova
DURATA: 95 minuti
DATA DI USCITA: 20 aprile 2023
DISTRIBUTIORE: 01 Distribution
RECENSIONE
In Italia, è difficile trovare un regista tanto idolatrato e altrettanto odiato di Nanni Moretti. Il suo vivido, ironico ego-ingombrante immaginario cinematografico, lambito da riflessioni e ideali della Sinistra storica, è raccontato da un linguaggio così personale da essere diventato un genere a sé.
Con Il Sol dell’Avvenire, in concorso al Festival di Cannes, Nanni Moretti torna con precisione chirurgica alle origini, immerge il suo cinema nelle profondità di una seduta psicoanalitica, attraversa i dubbi esistenziali, professionali e privati portando in superficie un’opera di così sbalorditiva levità da essere stata generata solo dopo un lungo e doloroso processo di riflessione.
Il risultato non è, come scritto da alcuni distratti addetti ai lavori, un epitaffio narcisista o un testamento morale di un regista che guarda al passato ma è quello di un autore che, non identificandosi più con il suo gruppo di appartenenza, propone una poderosa riflessione sul fare cinema e politica oggi.
Il regista Giovanni ha appena iniziato le riprese di Il Sol dell’Avvenire, un film ambientato a Roma nel 1956 con protagonista un dirigente del partito comunista italiano, Ennio Mastrogiovanni (Silvio Orlando). Ennio ha appena inaugurato nel quartiere Quarticciolo, dove vive con la moglie Vera (Barbora Bobulova) l’illuminazione esterna, simbolo di progresso e democrazia. Attende con ansia di dare il benvenuto al Circo ungherese Budavari, che arriva nel quartiere per uno scambio di ospitalità e fratellanza tra popoli.
Dopo pochi giorni, la rivoluzione ungherese antisocialista e la rapida quanto sanguinosa repressione delle truppe sovietiche, obbliga Ennio a prendere una posizione. Dalla parte del partito di Togliatti o degli oppressi dagli stessi padri del comunismo?
Giovanni il regista è sposato con Paola (Margherita Buy) produttrice di tutti i suoi film. Margherita da mesi va dall’analista (Teco Celio) perché non trova il coraggio di lasciare il marito e ha già iniziato il suo lento distacco producendo per la prima volta un film contemporaneo, sul genere “Gomorra”, diretto da un giovane regista.
Quando il film del 1956 si trova in difficoltà finanziarie per colpa del simpatico e cialtrone co-produttore francese Pierre (Mathieu Amalric) e Paola gli annuncia di volersi separare, le certezze di regista e marito vacillano di pari passo con la storia d’amore di Vera e Silvio, ora divisi politicamente.
Il futuro appare confuso, assai pessimista per sé e per il destino del suo personaggio. Le riflessioni di Giovanni si fanno più intime tanto da volersi addentrare in un altro set, una storia d’amore giovanile degli anni ’70 con tante, tante romantiche canzoni italiane dell’epoca.
L’escamotage metacinematografico di raccontare il film con altri film non è nuovo al pubblico di Moretti (es. Mia Madre, Aprile) ma in Il Sol dell’Avvenire questo “Effetto notte” si moltiplica, tra citazioni e autocitazioni, in un innumerevole gioco di specchi, di rimandi, indissolubilmente legati da un flusso di coscienza che travolge professione e privato, personaggi reali e immaginari.
Espliciti i riferimenti a maestri come Ophuls, Cassavetes, Kieślowski, Coppola, Scorsese, Fellini; espliciti i nessi alle sue opere, alle sue idiosincrasie. Esplicite le critiche a una parte di cinema contemporaneo, alle nuove piattaforme, a un giornalismo svuotato di senso e a un certo modo di lavorare degli attori.
In Il Sol dell’Avvenire appare pacifica e pacificata la dichiarata ammissione del regista che sembra essergli sfuggito di mano un mondo che non comprende più, che si sta trasformando in altro.
Non è forse un caso il riferimento al racconto Il nuotatore di John Cheever, che narra la storia di un uomo brillante, al culmine della vita, che finisce inghiottito in un incubo psicologico di rara angoscia in cui tutto ciò che conosceva ha perso totalmente di senso.
Di fronte a questi inevitabili cambiamenti, un regista ideologicamente intransigente come lui soffre ma evita sermoni sul bel cinema del passato, non ostenta superiorità intellettuale ma sorprende ancora perché si prende allegramente in giro e altrettanto allegramente prende in giro gli spettatori, quelli che lo adorano e quello che lo detestano.
L’intelligente ironia raggiunge altissime vette in due momenti topici: il primo è l’incontro con i due delegati Netflix, un confronto nonsense in cui ripetono in loop che le loro produzioni sono viste in 190 paesi e che il suo film non ha momenti “Wow!” momenti “what a fuck”.
Il secondo è quando interrompe l’ultimo ciak del film prodotto da Paola, una scena molto violenta.
Qui il regista Giovanni lascia il passo al regista Nanni Moretti in una vera e propria esplosione verbale:
“Tu accechi il male illuminandolo. Da anni siete tutti in preda ad un incantesimo: vi risveglierete piangendo e capirete quello che avete combinato”.
Moretti non vuole davvero salire in cattedra ma pone un problema etico che è intimamente connesso con la prassi cinematografica, alle teorie della morte umana sullo schermo e a ciò che André Bazin dichiarava come oscenità. Non sceglie il lamento facile della morale filmica infranta ma invita a riflettere, a porsi domande continue sul come fare cinema perché senza domande quest’arte rischia di perdersi.
Perdersi sì, e anche ritrovarsi, lungo la marcia finale, così rumorosa e felliniana, composta dai volti dei suoi attori ricorrenti che lo hanno aiutato a costruire il suo percorso autoriale.
L’avvenire – il suo ed il nostro – è una grande incognita ma il regista sorride, saluta il suo pubblico con un gesto affettuoso e riconoscente, va per la sua strada ovunque lo porterà.
Questa è la storia: che sia d’amore, di morte o di impegno politico, può essere anche fatta con i se.
E i se, al cinema, possono essere riscritti in tempi e luoghi più congeniali, più veri del vero.
What a fuck!
Il Sol dell’Avvenire è al cinema dal 20 Aprile.
Silvia Levanti
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