Recensione di PERUGINO, il documentario di Giovanni Piscaglia solo al cinema il 3-4-5 aprile 2023.
Il documentario distribuito da Nexo Digital, nei cinema dal 3 al 5 Aprile 2023, è un omaggio al grande pittore nel cinquecentenario della sua morte.
Ci sono personalità come Leonardo Da Vinci o Raffaello che, per splendore e fortuna, assurgono nei secoli a chiara fama e diventano immortali grazie alla loro arte.
Altri, invece, per casualità o sventura, pur noti e talentuosi, cadono in un lento e poco meritato oblìo.
Perugino. Rinascimento Immortale ha il nobile intento di restituire il giusto valore alla vita e alle opere di Pietro di Cristoforo Vannucci, detto Pietro Perugino (1448/50 – 1523).
In occasione del quinto centenario della sua morte, in contemporanea con la mostra più importante a lui dedicata, Il meglio maestro d’Italia. Perugino nel suo tempo alla Galleria Nazionale dell’Umbria di Perugia, Il docu-film diretto dal regista Giovanni Piscaglia (Napoleone. Nel nome dell’arte) ricerca la verità dietro ai cliché e falsi storici che hanno a lungo e ingiustamente sminuito il suo valore. La difficoltà maggiore si trova non solo nella poca oggettività di alcune testimonianze ma per la scarsa presenza di fonti.
Il lavoro di ricerca e documentazione è stato indubbiamente complesso, come sottolinea Piscaglia:
“Lo studio del Perugino è anche avere a che fare con tante dicerie, come quello di essere monotono, di autocitarsi: in realtà non è così e non rispecchia la grande importanza che ha avuto nella storia dell’arte”.
Perugino. Rinascimento immortale accompagna lo spettatore, grazie all’ottima dizione e presenza scenica dell’attore Marco Bocci (La compagnia del cigno) nei luoghi e momenti salienti della sua lunga vita tra le mura di placida bellezza di Città della Pieve e l’incantevole specchio d’acqua del Lago Trasimeno. Racconta il suo precoce talento all’interno di una vitale e irripetibile stagione artistica, tra Perugia, la Firenze di Lorenzo Il Magnifico e la Roma papale. Dirige uno sguardo riflessivo e tutt’altro che banale sull’inusuale attitudine imprenditoriale di colui che sarà il maestro di intere generazioni di pittori grazie al nuovo modello proposto di bottega d’arte e la capacità di attrarre importanti committenze.
Perugino ha indubbiamente una personalità forte, carismatica e molto sicura del proprio talento, come testimonia l’audacia nel volersi ritrarre, ancora così giovane, all’interno della sua prima importante commissione, l’Adorazione dei Magi (1473). Una dichiarazione d’intenti che racconta, più di ogni altra cosa, il desiderio di fama eterna.
L’ultimo ventennio del ‘400 è l’apice della sua carriera, dove fissa in modo indelebile il suo tratto e il suo autentico sapere pittorico. Lungo questo percorso vi è l’incontro con il suo allievo prediletto, Raffaello, un legame improntato alla reciproca stima; l’affetto per la moglie Chiara Fancelli, il cui bellissimo volto è riprodotto negli ovali e nelle fattezze gentili delle Madonne da lui dipinte, un nuovo canone di bellezza femminile diverso da quello più inquieto e affilato di Leonardo. La pittura di Perugino non è solo un sapiente gioco di prospettive ma è anche un azzardo architettonico; l’uso dell’amato paesaggio umbro non è mero sfondo ma una realtà figurativa autonoma tanto da diventare un vero e proprio codice peruginesco, un modello da esportazione.
Il successo lascia presto il passo ad alcuni insuccessi che ne fiaccano lo spirito come l’incarico ricevuto da Isabella d’Este per un dipinto allegorico (Lotta tra amore e castità 1503) concluso da Perugino con forte ritardo e aspramente criticato dalla sua committente. O ancora, la Pala per l’altare maggiore della basilica della Santissima Annunziata di Firenze, biasimato dai suoi contemporanei per l’eccessivo uso di figure di repertorio e uno stile oramai vetusto.
Le immeritate parole di biasimo di Giovanni Vasari, che ne Le Vite lo descrive come avido, ripetitivo, noioso, contribuiscono a offuscarne la memoria:
“Aveva Pietro tanto lavorato e tanto gli abondava sempre da lavorare, che e’ metteva in opera le medesime cose. Et era talmente la dottrina della arte sua ridotta a maniera, che e’ faceva a tutte le figure una aria medesima.”
Perugino scivola, così, all’ombra del successo di una nuova stirpe di pittori.
Ritiratosi in Umbria, in doloroso esilio, non smette però di lavorare per committenze minori. La morte, causata dalla peste, lo sorprende durante la lavorazione di un affresco. Il suo corpo viene gettato in una fossa comune: vi è notizia che i suoi resti siano stati raccolti in un secondo momento dai frati e infine deposti in un’urna poi collocata nella chiesa di Fontignano.
La pittura di Perugino, fatta di colore, aria, movimento e danza, ritroverà ben presto il posto che merita nel mondo dell’arte, fino ai giorni nostri.
“Semplicemente non c’è tenebra, nessun errore. Qualsiasi colore risulta seducente e tutto lo spazio è luce. Il mondo, l’universo appare divino: ogni tristezza rientra nell’armonia generale; ogni malinconia, nella pace”. (John Ruskin)
Silvia Levanti
TRAILER UFFICIALE
Foto: si ringrazia l’ufficio stampa.
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